di G.B. Zorzoli
Dal lessico energetico bisognerebbe abolire la parola “petrolio”, obbligando tutti a parlare di “petroli”, cioè di un’offerta di questa commodity non meno diversificata di quella degli acciai. Così come una specifica tipologia di acciaio può essere impiegata solo in alcune applicazioni, un greggio avente determinate caratteristiche non può essere trattato da qualsiasi impianto di raffinazione, ma solo da quelli in grado di trasformarlo nei prodotti richiesti dai mercati anche sotto il profilo della qualità ambientale.
Mi scuso per la pedanteria di questo incipit, ma sui media troppi commentatori politici, e anche giornalisti che si atteggiano a esperti, sembrano ignorare questi elementari distinguo; in ciò imitati da più di un operatore attivo in altri comparti energetici.
A conferma che di petroli ne esistono molti, le quote di benzina, gasolio, olio combustibile possono variare molto a seconda del greggio utilizzato. Che può essere, come si dice in gergo tecnico, molto light and sweet, cioè molto leggero e poco inquinato dallo zolfo, e allora dalla raffinazione esce molta benzina e abbastanza gasolio a basso contenuto di zolfo (lo zolfo è un inquinante e, dato il suo peso, tende a concentrarsi maggiormente nei prodotti della raffinazione meno leggeri).
All’estremo opposto si collocano i parenti poveri, i greggi heavy and sour, pesanti e con molto zolfo che, sottoposti alla pura e semplice distillazione, producono molto olio combustibile ad altissimo contenuto di zolfo e pochi distillati leggeri, per di più nel caso del gasolio con una significativa presenza di zolfo.
L’esistenza di una molteplicità di petroli, ciascuno con le sue caratteristiche, può avere conseguenze tutt’altro che trascurabili, come conferma la storia energetica del nostro Paese.[...]
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