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INFO@COMUNI - Il nostro futuro tecnologico e pulito ha bisogno di rarità Stampa E-mail

27 gennaio 2012 - INFO@COMUNI | NUOVA ENERGIA - Si trovano in aree ristrette e geopoliticamente instabili i preziosi minerali indispensabili per lo sviluppo e la diffusione della green economy, dai trasporti alle fonti rinnovabili. Solo tre nazioni (Russia, Cina e Corea del Nord) detengono oltre il 60 per cento del patrimonio mondiale di questi materiali, assolutamente scarsi in Europa e Stati Uniti.

Sono nomi strani e che potrebbero essere scambiati o utilizzati per uno scioglilingua. Eccone alcuni: neodimio, terbio, gallio, disprosio, palladio, antimonio, germanio, magnesio, indio, berillio, cobalto, tantalio, fluorite, grafite, tungsteno, niobio. Un attimo di respiro… e un po’ più di un attimo per spiegare di che cosa si tratta.
Partiamo da una premessa. Le nuove tecnologie energetiche a basse emissioni di carbonio, che si stanno affermando in questi anni o che - a maggior ragione - si prevede possano uscire dai laboratori di ricerca negli anni a venire, dipendono sempre di più da materiali tecnologici poco presenti sul nostro Pianeta. Alcuni vengono chiamati - non a caso - terre rare ed assieme ad altri minerali con quei nomi scioglilingua presentano una ulteriore caratteristica oltre a quella intuibile della non abbondanza. Infatti, vengono estratti dal sottosuolo in aree molto delimitate e geopoliticamente instabili (una realtà per nulla rara…).
Perché se ne parla? Perché, come accennato, sono indispensabili per lo sviluppo delle nuove tecnologie energetiche: in particolare fotovoltaico, eolico, veicoli elettrici (batterie) e illuminazione a basso consumo energetico. Ma anche, ad esempio, smart grid. Tutto ciò li rende oggetto delle attenzioni di chi intende sviluppare e utilizzare quelle tecnologie. E già si profila una caccia all’approvvigionamento equiparabile a quella del petrolio e del gas.
A questo punto, si potrebbe chiedere ai lettori: Ne avete sentito parlare? La risposta è maggioritariamente prevedibile e negativa. I mass media non hanno ancora scoperto questo giacimento e sono abbastanza rari anche gli studi in materia.
Uno di questi, fornito dal US Geological Survey, ha messo sotto i riflettori una quindicina di “indispensabili” minerali scioglilingua ed ha stabilito che il 24 per cento delle riserve mondiali è concentrato in Russia, il 19 per cento in Cina e il 17 per cento nella Corea del Nord. I conti sono presto fatti: tre sole nazioni detengono il 60 per cento del patrimonio mondiale di questi preziosi materiali.
Qualche informazione in più. Oltre il 70 per cento del germanio (necessario per telecomunicazioni, fibre ottiche e industria del solare) consumato a livello mondiale lo scorso anno era made in Cina e dallo stesso Paese proveniva il 90 per cento dell’antimonio richiesto dai produttori di batterie). Vale la pena evidenziare che dallo studio del US Geological Survey emerga la quasi assoluta scarsità dei suddetti materiali in Europa e Stati Uniti. Non è,quindi, casuale che il Dipartimento dell’Energia statunitense abbia previsto uno stanziamento di 20 milioni di dollari, esclusivamente dedicato allo sviluppo di progetti informativi e di ricerca sul tema dei materiali critici.
E in Italia? Tanto per buttarla lì…


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