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INFO@COMUNI - Chilowatt o cibo, questo è il problema? Stampa E-mail

25 novembre 2011 - INFO@COMUNI | NUOVA ENERGIA - In Lombardia la superficie attualmente destinata alla produzione di energia si aggira sul 4-5 per cento e potrebbe essere incrementata. Il bisogno di utilizzare fonti pulite anche di origine agricola si può scontrare con l’esigenza di tutelare il tessuto agroalimentare del territorio. Ma in un sistema completo le due cose possono vivere insieme.

La superficie agraria lombarda oggi dedicata alla produzione di energie è stimabile attorno al 4-5 per cento sul totale. Questo dato rappresenta il punto di partenza per una riflessione sulle cosiddette agroenergie. Intendiamoci, un territorio oltre a ospitare impianti con tecnologie quali il solare o l’eolico (che non sono propriamente agricole) può anche dedicarsi allo sfruttano di una materia prima come la legna, dei residui delle coltivazioni di cereali, di produzioni realizzate appositamente per uso energetico.
In un caso o nell’altro si è posto un problema accompagnato, poi, da un dilemma di lunga prospettiva. In ordine: una presenza eccessiva di pannelli, torri, centrali a biogas, superfici dedicate alla produzione di materia prima per biocombustibili, stravolge le caratteristiche del territorio, non solo paesaggisticamente? Se questo è un eventuale problema, il dilemma consiste in una scelta strategica che metta d’accordo l’esigenza di produrre energia, soprattutto verde, con quella di una tutela della qualità agricola.
Se è vero che esistono molte aree, soprattutto boschive, incolte e che potrebbero essere adeguatamente utilizzate alla coltivazione di kilowatt, alcuni sottolineano come il nostro Paese custodisca un’altra grande risorsa. Un tesoro legato alla terra che lo genera, che fa parte di un patrimonio culturale e di un settore non trascurabile sotto il profilo economico e occupazionale. Possiamo definirlo un conflitto di interessi in potenza quello tra l’agroenergia e l’agroalimentare? Se la prima sembra penalizzare il secondo, non vi è dubbio che questo debba essere doverosamente tutelato in una visione organica e integrata.
In certi casi, la convivenza può essere felice: nella zootecnia la produzione di biogas riduce l’impatto che avrebbe, altrimenti, lo smaltimento dei reflui animali.
La qualità regge su equilibri delicati e, fin che è possibile, vale la pena difenderli. Sostenendo anche gli agricoltori, spesso tentati da difficoltà di mercato ad integrare le loro entrate trasformandosi in produttori di energie. È una questione di rapporti e soprattutto di scelte di attualità e di prospettiva.


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