26 ottobre 2011 - Il 2011 EU Industrial R&D Investment Scoreboard ha "sdoganato" definitivamente le economie asiatiche emergenti. Non si tratta semplicemente di realtà in grado di riprodurre a basso costo know-how occidentale, bensì di Paesi sempre più attenti agli investimenti in R&D. Con tassi di crescita delle spese in ricerca sconosciuti a qualsiasi altra area del Pianeta, anche negli anni migliori (vedi il Giornaliero di ieri). In testa al gruppo, manco a dirlo, la Cina: più 29,5 per cento lo scorso anno.
Al momento il colosso asiatico non fa ancora paura. Ma sarebbe un errore sottovalutarlo. Pur partendo da molto lontano - attualmente lo share della ricerca cinese sul totale mondiale è pari all’1,7 per cento, rispetto all’1,6 per cento di Taiwan e al 3 per cento della Corea - avanza infatti a passi da gigante. Se si considerano, ad esempio le top company che hanno registrati i tassi di crescita più elevati degli investimenti, al primo posto – guarda caso – figura proprio un’industria cinese, la China Railway Construction, con una lievitazione delle spese in R&D dell’82 per cento tra il 2009 e il 2010. Al terzo troviamo la Hon Hai Precision Industry di Taiwan (più 49 per cento). Sul podio, in medaglia d’argento, anche la spagnola Banco Santander (più 56 per cento).
Nella classifica degli investimenti in valore assoluto, le imprese cinesi sono ancora lontane (solo 21 nelle prime mille, ma erano 15 nel 2009). In compenso si segnala l’exploit del Made in Korea. La Coreana Samsung Electronics è passata in un solo anno dal decimo al settimo posto; la LG dal 66° al 49°. E tornando in Cina, va rilevata la forte effervescenza nel comparto delle telecomunicazioni. Dopo i nomi storici (come Nokia, Cisco, Ericsson, ...) nella top ten mondiale degli investimenti si segnalano la Huawei Technologies (al settimo posto) e la ZTE (al nono). Posizioni che non sembrano certo appagare la voglia di crescere dell’hi-tech asiatico.