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IL GIORNALIERO - Dopo Fukushima il carbone bussa alla porta del mix Stampa E-mail

2 settembre 2011 - In chiusura del Giornaliero di ieri (abbondantemente focalizzato sul gas) si annunciava quello di oggi dedicato al carbone. Ma una notizia di oggi (ieri per chi legge) ci riporta sul gas senza per questo bruciare la promessa. Anzi il tutto si lega. Infatti, dopo che giorni fa l’ad di Eni Paolo Scaroni aveva paventato un inverno con l’energia “al limite” (con le vicende libiche bastano e avanzano alcune preoccupazione), giunge ieri - appunto - un allarme ulteriore che periodicamente ci viene scaraventato addosso appena Ucraina e Russia ritornano ai ferri corti. La prima, infatti, vuol rinegoziare il prezzo per il transito sul suo territorio del gas di Mosca destinato ad Europa e - ovviamente - Italia. Si attendono sviluppi.
Nel frattempo, riprendiamo il filo del discorso con alcune righe del Giornaliero di ieri. Eccole: “Congelato (per sempre?) il nucleare e aspettando che le rinnovabili facciano il loro corso espansivo, gran parte della generazione marcia e marcerà a idrocarburi”.

Si alludeva al nostro Paese, ma bisognerebbe aggiungere che agli idrocarburi si affianca un altro combustibile fossile che potrebbe dire la sua nonostante gli ostacoli che incontra la sua diffusione (Porto Tolle e Civitavecchia insegnano).
In sintesi, i numeri del carbone sono questi. Nel 2010, copriva oltre il 41 per cento della generazione elettrica mondiale (il doppio rispetto a quella del gas) il 26 in Europa. Gli analisti prevedono un aumento della domanda del 50 per cento da qui al 2035 sulla scia anche e soprattutto dell’effetto Fukushima. In parole povere, di carbone ce n’è molto, è democraticamente diffuso ed il suo prezzo si può definire accettabile considerando anche quanto sia volatile la situazione geopolitica di numerose aree di approvvigionamento di gas. Inoltre, le tecnologie rendono sensibilmente meno impattanti gli impianti sia per le emissioni sia per lo stoccaggio dell’anidride carbonica.
Certo, il carbone non gode di buona fama ma in attesa di tempi migliori la sua presenza in un realistico mix di fonti energetiche merita almeno di essere valutato. Tanto per non temere i soliti blackout e lamentarsi dell’eccessivo costo dell’elettricità. E, poi, pure la Merkel che punta tutto (o quasi) sulle rinnovabili lo tiene in simpatia dopo aver carbonizzato il nucleare.

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