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IL GIORNALIERO - Trasporto marittimo: ora c’è un accordo sull’efficienza energetica (2) Stampa E-mail

26 luglio 2011 - L’approvazione del regolamento da parte dell’IMO (di cui ha parlato il Giornaliero di ieri) era fallita l’anno scorso, nella precedente sessione del MEPC, a causa dell’opposizione di alcuni Paesi emergenti, contrari all’adozione di impegni comuni globali per la riduzione dei gas serra, in nome del principio delle responsabilità comuni ma differenziate fra Paesi sviluppati e in via di sviluppo sancito dalla Convenzione sul clima e adottato dal protocollo di Kyoto del 1997. Nell’ultima sessione il regolamento sull’EEDI è stato riproposto e si è proceduto al voto. Hanno votato a favore 48 Stati. Fra quelli che hanno votato contro: Cina, Brasile, Kuwait, Arabia Saudita e Cile. Si sono invece astenuti St. Vincent & Grenadines e Giamaica.
I Paesi contrari a limiti globali sono riusciti ad ottenere una deroga di 6 anni e mezzo (fino a metà 2019), anche se non è ancora chiaro fino a che punto questa deroga sarà riconosciuta dai Paesi che hanno ratificato l’Annesso VI.
Fermi restando i nodi giuridici da sciogliere, alcune amministrazioni potranno concedere deroghe per le navi nuove immatricolate nel registro del loro Paese per un periodo massimo di sei anni e mezzo, col rischio di scatenare una nuova fase di delocalizzazioni verso registri di convenienza, come quello di Panama, che ha già annunciato di ricorrere alla possibilità di deroga.
L’approvazione della nuova normativa è stata accolta con un mix di pareri, prevalentemente critici, anche se è a mio parere opportuno valutarne attentamente gli aspetti positivi, soprattutto in Europa, dove la profonda crisi dei cantieri aspetta da anni occasioni di rilancio delle prospettive di sviluppo attraverso la qualità e l’innovazione tecnologica nelle diverse sfere della progettazione e costruzione navale.
La preoccupazione generale, sotto il profilo ambientale, è che le misure appena adottate dall’IMO riguardino elusivamente il livello di efficienza costruttiva di una nave, mentre non assicurano la riduzione effettiva dei consumi e delle emissioni di CO2 del trasporto. Quest’ultime dipendono da ulteriori misure, di tipo gestionale e politico (cosiddetti market based instruments in discussione all’IMO, come una tassa sulla CO2 o un mercato dei permessi di emissione). Il regolamento sull’EEDI sarebbe quindi un primo passo, ma non sufficiente per quell’inversione del trend di crescita delle emissioni globali di gas serra e di una loro successiva riduzione almeno del 50 per cento entro il 2050 (come auspicato dalla IPCC, l’organo dell’ONU per la valutazione dello stato delle conoscenze scientifiche sui cambiamenti climatici).
D’altronde, perché proprio il settore marittimo, che nella catena logistica è quello che minimizza i consumi per tonnellata-km e da cui dipendono le economie di scambio del commercio internazionale, dovrebbe essere il primo settore ad assicurare riduzioni assolute delle emissioni a livello globale?

_________________________________di Andrea Molocchi, consulente di economia ambientale

Le conclusioni nel Giornaliero di domani

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