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IL GIORNALIERO - L’Antitrust non può multare la Natura? Che Putin ce la mandi buona! (1) Stampa E-mail

1 agosto 2011 - Se esistesse un’Antitrust anche per le fonti fossili, probabilmente la Russia riceverebbe più ammonizioni di un anziano calciatore sempre fuori tempo e fuori allenamento. Ma la Natura non può essere multata e sulle concentrazioni (geologiche) c’è ben poco da fare. E allora, non resta che augurarsi che Putin e compagni... ce la mandino buona.
Quando si parla di sicurezza energetica è facile puntare il dito in direzione Medio Oriente, o fermarsi a Vienna, dalle parti dell’Opec. La tentazione è quella di pensare che la vulnerabilità delle economie occidentali dipenda essenzialmente dalla eccessiva presenza di oil&gas nei Paesi del Medio Oriente e in alcune nazioni dell’Africa del Nord. Notoriamente turbolente e quindi poco affidabili.
Da qui l’appello - più che legittimo - alla differenziazione delle fonti e dei fornitori. Occhio, però, perché nella geografia delle fonti l’area che detiene il vero potere è quella dell’ex continente sovietico e in particolare della Russia. Che, sorniona, in questi ultimi anni ha scalato le classifiche del settore alla voce produzioni, riserve, esportazioni... e lo ha fatto per tutte e tre le fonti fossili: gas, petrolio e carbone.
Partiamo dal gas. In termini di produzione la Russia si aggiudica una bella medaglia d’oro, posizionandosi di forza davanti agli Stati Uniti. In proiezione la sua leadership sembra non essere in discussione, visto che è in pole position anche alla voce riserve accertate. Il primato si conferma anche in campo petrolifero, dove Mosca sopravanza l’Arabia Saudita e gli Stati Uniti (anno 2009 - BP Statistical Review) per barili/giorno estratti. Quanto al carbone, la Russia deve accontentarsi di essere solo il sesto produttore mondiale. In compenso, però, è al secondo posto in termini di riserve accertate...

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