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IL GIORNALIERO - Cina e UK in joint venture per sfruttare il vero carbone bianco (1) Stampa E-mail

14 luglio 2011 - È noto che il primo grande sviluppo economico italiano è stato guidato e supportato dal nostro carbone bianco (così, infatti, veniva definita l’energia idroelettrica). Ora l’inarrestabile Cina sembra decisa a proseguire nel suo piano di crescita ricorrendo a un altro carbone bianco. Certo, anche la fonte idrica riveste e rivestirà un ruolo non secondario nei piani energetici di Wen Jiabao e compagni.
Ma è noto a tutti che senza il combustibile fossile per eccellenza - nero e solido, almeno in origine - ogni ambizione sarebbe tarpata. E allora, ecco la soluzione quasi lapalissiana: ripulire alla fonte il carbone. La teoria è nota da tempo, trattasi della gassificazione. Ma la pratica è altra cosa... che si è concretizzata nei giorni scorsi in un progetto a dir poco ambizioso, grazie a una partnership (da un miliardo e mezzo di dollari) anglo-cinese. È stato questo, per altro, il più sostanzioso risultato dello U.K.-Chinese Summit che a giugno è andato in scena a Beijing.
Torna protagonista la Mongolia, già salita alle cronache per un mega progetto solare - vedi il Giornaliero del 25 settembre 2009: Cina, entro il 2019 un campo fotovoltaico da record (2.000 MW). Qui sarà, infatti, sperimentata una innovativa tecnologia di Underground Coal Gasification (UCG) che permetterà di ripulire 6 milioni di tonnellate di carbone/anno fornendo una quantitativo sufficiente di materia prima per alimentare una centrale da 1 GW. Nel riportare la notizia la Mit Technology Review aggiunge che questa è l’iniziativa di più alto profilo, nel settore, tra numerose altre già attivate in Cina. E aggiunge che anche Stati Uniti, Canada, Australia e Ungheria stanno lavorando nella stessa direzione tecnologica.
Da un punto di vista ambientale si stima che la soluzione UGC, almeno nell’ipotesi impiantistica che si sta portando avanti in Mongolia, potrebbe tagliare del 20 per cento le emissioni di anidride carbonica (carbon footprint, per dirla all’inglese) rispetto all’utilizzo tradizionale prevalente del carbone nei sistemi di generazione cinesi, che in buon parte, essendo di recente costruzione, sono anche a (relativo) basso impatto. E non sarebbe in gioco solo una questione ambientale...

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