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Mediterraneo: “mare nostrum”… ma tutti lo inquinano Stampa E-mail
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di Andrea Molocchi


             
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Nell’ultimo decennio molti studi hanno evidenziato che l’andamento delle emissioni inquinanti del trasporto marittimo sta assumendo dimensioni preoccupanti. A questa situazione ha certamente contribuito il ritardo accumulato dalle normative internazionali di controllo. In particolare, si nota che il rafforzamento previsto della tutela ambientale, nel Mediterraneo rischia di rimane in gran parte sulla carta. E proprio l’Italia fra tutti gli Stati europei, sarebbe quello che sotto il profilo dell’esposizione alle emissioni inquinanti dovrebbe avere il maggior interesse ad un’elevata tutela ambientale, attraverso la normativa europea e quella internazionale. La scommessa è ardua, con una posta in gioco molto alta. Nel Mare del Nord, ad esempio, non sono mancate le ripercussioni operative dell’entrata in vigore, negli anni scorsi, di una normativa ECA: modifica delle dotazioni di bordo, difficoltà di reperimento del compliant fuel in alcuni porti, procedure difficoltose di cambio del fuel in navigazione. E oggi chi svolge traffici in quei mari, incluse alcune imprese italiane, avverte con preoccupazione i maggiori costi del compliant fuel necessario per rispettare il futuro limite dello 0,1% a partire dal 1 gennaio 2015. Per questa ragione, da alcuni anni si stanno studiando e sperimentando interventi alternativi ai fuel BTZ come l’installazione di scrubber per l’abbattimento dello zolfo nei fumaioli dei motori; oppure navi dotate di nuovi sistemi di alimentazione a GNL, o a GPL, con le conseguenti necessità logistiche e d’investimento per realizzare le infrastrutture di approvvigionamento a terra. La complessità tecnico-ingegneristica e organizzativa comporta notevoli ostacoli da superare, ma l’attrattività economica è assolutamente rilevante. Così come sono notevoli i vantaggi in termini di salute di un abbattimento degli attuali livelli di inquinamento.

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Il presente articolo intende fare il punto sulle evidenze scientifiche riguardanti il problema delle emissioni inquinanti in atmosfera del trasporto marittimo, in particolare nel Mediterraneo, dato che nell’ultimo decennio sono stati pubblicati studi importanti che, tuttavia, non hanno ricevuto la diffusione e l’attenzione pubblica che meriterebbero. Eppure, in questi anni più che mai, la politica ambientale “dello struzzo” può comportare rischi per la sopravvivenza di attività economiche consolidate. [...]

[...] Vari studi pubblicati nel corso dell’ultimo decennio hanno evidenziato che l’andamento delle emissioni inquinanti del trasporto marittimo sta assumendo dimensioni preoccupanti. In seguito alla profonda crisi economica degli anni scorsi c’è stata una temporanea riduzione delle emissioni, ma non ci sono segnali tali per cui si possa dire che con la ripresa degli scambi commerciali, i trend delle emissioni di zolfo (SOx), di ossidi di azoto (NOx) e di particolato (PM) delle navi possano essere stabilizzati o invertiti. In particolare, nuove evidenze scientifiche sottolineano una crescente responsabilità delle emissioni di SOx e NOx del trasporto marittimo nella formazione di particolato secondario, cioè prodotto indirettamente per trasformazione chimica dalle emissioni solforose e azotate, e diffuso anche a lunga distanza dalle rotte navali, contribuendo quindi ai valori di concentrazione del particolato rilevati dalle centraline a terra. Insieme al particolato primario, direttamente emesso nella combustione, il particolato secondario è ritenuto corresponsabile di effetti sanitari polmonari e cardiovascolari su vasta scala.


La finta accelerazione della
normativa internazionale

A questa situazione ha certamente contribuito il ritardo accumulato dalle normative internazionali di controllo degli inquinanti delle navi. La prima normativa internazionale per il controllo dell’inquinamento atmosferico dovuto alle navi (il cosiddetto Annesso VI alla Marpol 73/78, la Convenzione che disciplina le modalità di tutela ambientale del trasporto marittimo), è stata adottata dall’International Maritime Organization (IMO) nel 1997 ma è entrata in vigore solo nel 2005 (le prime normative europee di controllo delle emissioni in ambito terrestre risalgono agli anni Ottanta). Come le altre normative della Convenzione Marpol, anche l’Annesso VI prevede due gradi differenziati di tutela: uno minimale e valido a livello globale (ad esempio, il limite globale per il tenore di zolfo del combustibile navale è attualmente il 4,5 per cento: praticamente, fino a un ventesimo del peso del bunker può finire disperso in atmosfera) e un livello di tutela maggiore nelle Aree di Controllo delle Emissioni (cosiddette ECA): tutte le navi che entrano, navigano o stazionano nelle aree ECA, devono utilizzare un fuel con limite di zolfo che è oggi dell’1 per cento (inizialmente, e fino al 2010, il limite era dell’1,5).

Sempre nel 2005 è stata emanata anche la Direttiva europea per la riduzione del tenore di zolfo del combustibile marino (direttiva 2005/33/CE), recepita in Italia col decreto legislativo del 6 novembre 2007, n. 205, che introduce misure aggiuntive rispetto alla normativa internazionale: un limite dell’1,5 per cento del tenore di zolfo del combustibile marino usato dalle navi passeggeri impiegate su linee regolari fra porti comunitari e - a partire dall’inizio del 2010 - un limite dello 0,1 per cento sul tenore di zolfo del combustibile usato da tutte le navi ormeggiate o ancorate in porto.

A meno di infrastrutture portuali dotate dell’allaccio alla rete elettrica, quest’ultimo limite comporta la necessità per le navi in porto di bruciare il costoso gasolio marina al posto del ben più conveniente fuel oil (il residuo della raffinazione generalmente usato dalle navi commerciali). Sempre a titolo di confronto, si pensi che il limite di tenore di zolfo attualmente vigente in Europa nei carburanti per l’autotrasporto è misurato in ppm (parti per milione in peso) ed è pari a 10 ppm, cioè cento volte inferiore al limite per il fuel usato delle navi in porto (0,1 per cento) e 2.700 volte inferiore all’attuale tenore medio del bunker usato in navigazione (2,7 per cento secondo l’IMO). Consapevole del ritardo accumulato dalla normativa internazionale sull’inquinamento atmosferico delle navi, a soli tre anni dall’entrata in vigore dell’Annesso VI l’IMO è riuscita ad approvare un testo di rafforzamento della normativa stessa, che rende più stringenti i limiti... [...].


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