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“Liberati dell’oil, sempre più legati al gas” Stampa E-mail
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di Massimo Protti |presidente Assoutility Srl


La liberalizzazione del settore elettrico italiano, sempre più importante e cruciale per lo sviluppo del Paese, ha ormai compiuto il suo decimo anniversario e dunque sembra il momento di fare qualche riflessione su questo periodo trascorso. L’opportunità per i consumatori di approvvigionarsi direttamente sui mercati, mediante la creazione di propri grossisti, ad esempio ha rappresentato un cambiamento epocale per i clienti finali industriali. Ma altrettanto importante è stata l’evoluzione nella composizione della capacità di generazione nazionale, il cosiddetto mix produttivo.
Proprio analizzando l’evoluzione di tale elemento si possono cogliere alcune peculiarità del settore elettrico nazionale. Nel 2000, ad esempio, il 31,1 per cento della produzione elettrica italiana utilizzava i prodotti petroliferi, mentre nel 2010 la stessa percentuale è scesa al 3,7 per cento. Tale switch è stato determinato dagli investimenti in nuova capacità di generazione effettuati proprio a seguito della liberalizzazione, che ha permesso di sostituire impianti più vecchi alimentati ad olio combustibile, con impianti caratterizzati da una maggiore efficienza quali i CCGT a gas naturale. Così, mentre nel 2000 il 35,3 per cento dell’elettricità prodotta in Italia era generata usando gas naturale, nel 2010 si è passati al 51,6 per cento.

Ci siamo liberati dell’olio per legarci ancor più al gas, combustibile pulito e pregiato, è vero, ma sicuramente molto costoso proprio perché sempre più ricercato a livello planetario. Tutta l’importanza che il gas naturale riveste nella generazione elettrica rende ancor più difficile capire il perché in Italia non esista ancora una Borsa liquida del gas analoga a quella del power.
La presenza di quattro gasdotti e di due rigassificatori attualmente in funzione potrebbe essere un elemento vincente per garantire sicurezza di approvvigionamento e concorrenza tra diversi Paesi produttori; ma queste infrastrutture, soprattutto le pipeline legate ai contratti di lungo periodo, sembrano essere più un peso che un vantaggio per il Paese.

Il confronto tra il 2000 e il 2010 mostra un’altra caratteristica nell’evoluzione del mix di generazione nazionale. La produzione di elettricità da carbone è passata dal 9,5 al 12,7 per cento: un incremento davvero irrisorio per una fonte fossile che avrebbe tutte le carte in regola per garantire prezzi marginali ridotti rispetto a quelli degli impianti a gas naturale, che invece oggi in Italia sono utilizzati come impianti baseload. Le recenti polemiche sul Conto Energia, poi, aprono ad alcune riflessioni sulle rinnovabili: incentivi e costi di dispacciamento. Nel decennio 2000-2010 l’elettricità prodotta dalle fonti rinnovabili in Italia è passata dal 18,6 al 25,3 per cento della produzione totale, con una crescita del 7,7 per cento. In questo percorso di sviluppo hanno fatto la parte del leone l’eolico (con un progresso di 2,6 punti percentuali) e biomassa e rifiuti (con un guadagno di 2,4 punti percentuali), entrambe tecnologie incentivate con i Certificati Verdi.
Non bisogna dimenticare poi che i generosi incentivi concessi alle fonti rinnovabili hanno causato anche fenomeni speculativi (corsa all’autorizzazione o alla connessione), diversamente da quanto è successo all’estero, dove gli incentivi sono stati meno generosi e non hanno favorito il nascere di pericolose bolle speculative attorno alle rinnovabili.

             
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Chi è Assoutility
Il Consorzio Assoutility raggruppa attualmente oltre 250 tra imprese ed enti per un consumo complessivo di energia elettrica di oltre 1,2 TWh l’anno e un consumo complessivo di gas naturale di circa 100 milioni di metri cubi/anno. Ente no-profit, ha come scopo statutario quello di minimizzare i costi per l’energia per le realtà aderenti.

Dal 1° gennaio 2007 compra all’ingrosso direttamente dai produttori e sulla Borsa Elettrica l’energia che rivende ai soci. Lo scorso 29 marzo, assieme ad altri 10 consorzi (tra i quali, in primis, C.U.Ra. di Ravenna) ha fondato il Consorzio GasIndustria per cogliere le nuove opportunità offerte dal Decreto 130/2010 in merito alle capacità di stoccaggio.


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Un’altra criticità di tali fonti di generazione è quella legata ai costi di dispacciamento: il fatto di essere fonti non prevedibili comporta costi che si trasmettono sul mercato dei servizi di dispacciamento e quindi sui consumatori. A riguardo, l’idea di realizzazione di nuovi impianti di pompaggio e/o di accumulo dell’energia immessa in rete dagli impianti rinnovabili potrebbe essere una soluzione costosa, a fronte di risultati non pienamente soddisfacenti e tempi di realizzazione incerti. Noi stessi stiamo analizzando opzioni di investimento in sistemi di accumulo, che si stanno però rivelando antieconomiche per i tempi eccessivi di ammortamento.

La recente vicenda di Fukushima non può non ricordarci che nel 2000, come anche oggi, in Italia non era presente capacità di generazione nucleare e che la proposta di ritorno all’atomo nel nostro Paese è in fase di ripensamento a causa dei rischi connessi a tale tecnologia (incidenti molto rari ma di enorme impatto), nonostante questa presenti vantaggi in termini di costi. Ma del resto, come l’esempio tedesco ci mostra, il carbone - ancora poco apprezzato nel nostro Paese - può essere una valida alternativa all’atomo per garantire energia elettrica a costi sostenibili e soprattutto con rischi incommensurabilmente diversi e un’accettabilità sociale sì bassa ma pur sempre superiore al nucleare.

Un’ultima riflessione viene da un dato complementare al mix di generazione, quello delle importazioni. L’Italia è tradizionalmente un Paese importatore netto di energia elettrica, principalmente dalla Svizzera e poi da Francia, Slovenia, Austria e recentemente anche dalla Grecia. L’import, come è noto, avviene da Paesi in cui il costo dell’energia elettrica è minore e dunque l’incremento della capacità d’interconnessione tra l’Italia e l’estero rappresenta sicuramente un elemento che va a vantaggio di tutto il sistema e quindi di tutti i consumatori. In questo quadro così delineato le PMI consumatrici di energia elettrica si trovano ad affrontare la competizione in un mercato europeo dove l’energia costa meno rispetto all’Italia. Un altro handicap che si aggiunge ai tanti che gravano sulle nostre imprese; questo è un dato di fatto.

Cosa può fare, dunque, il consumatore?
Di certo non può più improvvisarsi e deve saper affrontare la questione energia in maniera differente rispetto al passato: l’attenzione sull’energia non può essere accesa solo alla data di chiusura del contratto di fornitura; ma deve mantenersi costante durante tutto l’anno. Questo è oggi l’unico modo per difendersi in fretta da una situazione energetica italiana che potrà cambiare solo nel medio/lungo periodo. La scelta di affidarsi a un gruppo d’acquisto - in quest’ottica - consente di delegare ad esperti la parte più complessa di acquisto dell’energia; un’operazione che l’impresa stessa non potrebbe permettersi (o non potrebbe effettuare con la medesima professionalità). L’impresa, dal canto suo, deve preoccuparsi di contrastare il prezzo elevato, impegnandosi a cercare di consumare meno. Sfide non semplici ma che paiono l’unica strada. Noi con Assoutility lo stiamo facendo da anni...

 
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