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IL GIORNALIERO - Giovani italiani inamovibili e poco sedotti dal lavoro oltre confine (2) Stampa E-mail

17 maggio 2011 - Uno dei luoghi comuni più diffusi nel mondo del lavoro italiano è che la scarsa attenzione per il settore della ricerca (per altro, è difficile negare questo stato di fatto) sarebbe alla base di un triste fenomeno, quello della fuga dei cervelli. Eppure, proprio le nazioni leader in Europa per gli investimenti pro capite in ricerca - Islanda, Svezia, Finlandia - sono quelle dove i giovani non vedono l’ora di fare le valigie e di emigrare per godersi una esperienza lavorativa all’estero!
Qualcuno potrà dire che c’è una bella differenza ad agire per scelta o per necessità. Verissimo. Ma è pur vero - come ha ricordato il Giornaliero di ieri - che schiodare un italiano dal proprio posto di lavoro sotto casa è un’impresa che non ha eguali (per difficoltà a convincerlo) in nessuno degli altri 27 Paesi della UE...
La questione, per altro ha radici lontane... e risale ai tempi degli studi. Come ricorda l’indagine di Eurobarometro su Youth on move, dalla quale emerge che soltanto un giovane europeo su sette (il 14 per cento) è stato all'estero per motivi di studio o di formazione, con l’Italia che scende nelle posizioni di retrovia della classifica (12 per cento). Alle nostre spalle solo Croazia, Romania, Bulgaria (ma qui la ragione principale della mancata trasferta è dovuta all’impossibilità economica) e Gran Bretagna. Al top Lussemburgo, Cipro, Norvegia, Austria, Svezia, su valori doppi rispetto a quelli tricolori.
Ma c’è un dato ancora più indicativo. Le trasferte italiane sono le più brevi in assoluto nello scenario europeo. Meno de10 per cento dei giovani che si sono recati all’estero per studio vi è rimasto per più di un anno (la media europea è del 21 per cento) e ha quindi fatto una vera esperienza formativa oltre confine. Da noi tendono a spopolare le vacanze studio da non più di tre settimane (la media europea è del 19 per cento) che considerare come learning mobility è forse un po’ eccessivo.
Insomma, un mordi e fuggi rispetto ai più costanti colleghi europei, tra i quali si segnalano spagnoli, greci, islandesi, ciprioti e lussemburghesi.

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