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IL GIORNALIERO - L’Arabia sceglie il verde (in casa) per giocarsi l’oil&gas in trasferta Stampa E-mail

5 aprile 2011 - Improvvisa e salutare folgorazione ambientale? Macché. Trattasi di sano pragmatismo economico. Business, insomma, dove il verde che muove le decisioni di politica energetica è, prima di tutto, quello dei dollari. L’Arabia Saudita ha recentemente annunciato (in diverse occasioni) la sua scelta di ridurre sempre più la dipendenza dalle fonti domestiche (petrolio e gas naturale), puntando su soluzioni a bassa o nulla emissione di anidride carbonica, quali le rinnovabili e il nucleare.
La domanda interna di energia dovrebbe più che triplicare nei prossimi 20 anni; ma per un Paese che detiene un quinto delle riserve planetarie di idrocarburi non sarebbe di per sé un grande problema. E allora? Khalid Al Sulaiman, vice presidente del settore energie rinnovabili al King Abdullah City for Atomic and Renewable Energy ha chiarito i contorni della questione. “È vero, la domanda della popolazione locale continua a crescere con un ritmo allarmante. Ma la decisione di spostare l’attenzione verso forme alternative di generazione deriva dalla consapevolezza che esportando il petrolio sui mercati internazionali possiamo massimizzare i nostri profitti”. Da qui la scelta di puntare sul verde con l’obiettivo al 2030 di coprire solo il 50 per cento della domanda interna con oil&gas.
Nel pacchetto di alternative è esplicitamente ricompresso anche il nucleare. L’Arabia Saudita è infatti uno dei non molto numerosi Paesi che, dopo il disastro giapponese, non ha rinnegato (o rimandato a tempo indeterminato) la scelta nucleare. “Il nostro futuro prevede solare ed eolico al pari dell’atomo - ha ribadito Al Sulaiman - in base a un piano di sviluppo che deve ancora essere approvato dal governo ma che richiede, nel lungo periodo, uno stanziamento complessivo di 100 miliardi di dollari”.
Ridurre la generazione elettrica da combustibili fossili - è il parere prevalente tra gli esperti sauditi - è una necessità, non certo un lusso. Meno petrolio si consuma in casa, più petrolio si esporta all’estero e più risorse ci sono per supportare lo sviluppo della popolazione locale (questo almeno in teoria...). Anche attraverso le costose rinnovabili. Tanto, a pagare, sarebbero (in primis) Europa e Stati Uniti.

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