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IL GIORNALIERO - Non c’è solo sostanza dietro la crescita delle rinnovabili negli Stati Uniti Stampa E-mail

10 marzo 2011 - L’erba del vicino (sembra) sempre più verde. Soprattutto quando il verde si confonde con il blu, il rosso e il bianco della bandiera americana. Nell’era di Obama, in tema di energie rinnovabili, al di là dell’Oceano pare tutto rose e fiori, uno sbocciare di iniziative, un susseguirsi di risultati a crescita rapida. C’è innegabilmente della sostanza, ben supportata però da un abile lavoro di marketing.
Nei giorni scorsi il Dipartimento per l’Energia degli Usa ha comunicato con enfasi la big growth del settore renewables in ambito agricolo. “Si tratta di un significativo aumento che ha riguardato i pannelli solari, gli aerogeneratori, i digestori”. Vale la pena, a questo punto, scomodare i dati ufficiali presentati dal Department of Agricolture.
Ad oggi sarebbero 8.569 le unità produttive (fattorie, ranch, aziende agricole) in grado di produrre in proprio e affidandosi a fonti rinnovabili almeno una parte dell’energia consumata. Lo stesso dipartimento, nel censimento agricolo del 2007, aveva conteggiato un totale di 2,2 milioni di aziende agricole di vari tipi e dimensioni attive sul territorio americano. Dunque, solo 4 imprese su mille hanno percorso il cammino virtuoso dell’auto produzione. Siamo su livelli addirittura inferiori rispetto a quelli dell’Italia.
Altro dato interessante: le aziende che producono in proprio energia verde negli States maturano un risparmio medio sulla bolletta di 2.406 dollari, a fronte di un costo iniziale di installazione medio (per i soli pannelli solari) di 31.947 dollari. Una cifra che comporterebbe circa 13 anni di ritorno dell’investimento, senza considerare eventuali interventi di manutenzione o di riparazione nel periodo considerato.

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