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IL GIORNALIERO - Ue: nei consumi di materie prime il mattone pesa più del petrolio (2) Stampa E-mail

8 marzo 2011 - Nonostante tutto, in Europa lo sviluppo sostenibile resta più una aspirazione di lungo periodo che un tangibile percorso già intrapreso. Lo dimostrano, senza tema di smentita, i dati inerenti i consumi di materie prime (vedi il Giornaliero di ieri) in costante aumento dal 2000 ad oggi e ormai giunti alle soglie delle 17 tonnellate/anno per cittadino europeo.
In questa corsa ai consumi - e forse questa è la vera sorpresa - l’energia fossile non occupa i primi posti della lista. Nel complesso la domanda attuale sarebbe pari a un solo miliardo di tonnellate/anno a livello aggregato, ovvero a poco più di 2,2 tonnellate/anno per residente.
Niente di straordinario se paragonato con l’impatto del settore costruzione. Sono gli stessi statici di Eurostat a precisarlo. “L’industria delle costruzioni è in assoluto la principale voce di consumo, non solo per quanto riguarda sabbia e ghiaia, ma anche per la maggior parte dei materiali non ferrosi. Case, strade, ponti, ma anche grandi infrastrutture come aeroporti, tunnel, dighe hanno un impatto di grande rilievo”.
In questo scenario generale l’Italia appare tra i Paesi (apparentemente) più virtuosi. I consumi medi pro capite di materia prima all’interno del nostro Paese sono (se pur di poco) al di sotto della media europea e allineati con quelli della Francia e della Gran Bretagna. La Spagna è su livelli superiori, a ridosso delle 20 tonnellate pro capite. Austria, Olanda e Svezia superano quota 20 tonnellate, la Germania è a poca distanza dalle 30 tonnellate e la Finlandia si avvicina alle 40. Una curiosità: anche la Norvegia si avvicina alle 40 tonnellate, ma il dato più evidente è un altro. In termini di domestic extraction, ovvero di prelievo di materiale sul territorio nazionale proprio la Norvegia supera di slancio le 70 tonnellate pro capite. E qui sì che proprio l’energia - e in particolare il petrolio - torna ad essere protagonista.
Tornando all’Italia, merita una spiegazione quell’avverbio - apparentemente - scritto tra parentesi. Il minor consumo rispetto alla media europea, infatti, è merito di un modello economico più razionale ed efficiente rispetto ai grandi competitor europei, oppure è il poco virtuoso risultato di una costante politica di de-industrializzazione e di de-localizzazione delle produzioni?

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