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Alfonsi: “Emirati? Semaforo verde per il Made in Italy” Stampa E-mail

di Marta Sacchi


L’Ufficio ICE di Dubai è responsabile per gli Emirati Arabi Uniti, l’Oman e il Qatar: un’ampia area del Golfo Persico alla quale le imprese italiane guardano da tempo con grande attenzione, grazie agli alti livelli di sviluppo raggiunti da questi Paesi e alle opportunità che hanno iniziato ad offrire alle aziende straniere. In particolare, gli Emirati Arabi Uniti hanno rappresentato una delle più dinamiche realtà dell’intera regione. Negli EAU la crescita economica è stata molto intensa nel periodo compreso fra il 2005 e il 2008, per poi rallentare solo a partire dalla fine del 2008 in coincidenza con la fase di recessione che ha investito i mercati internazionali. Le difficoltà del comparto immobiliare di Dubai e la crisi debitoria della holding pubblica Dubai World sono note vicende di cronaca. In questi ultimi mesi, tuttavia, sembrano essere tornati a prevalere i segnali di crescita. Si riaccende dunque un semaforo verde per il Made in Italy in quest’area del Pianeta? Probabilmente sì, ma ad alcune condizioni. Francesco Alfonsi, direttore dell’ICE di Dubai, prova a riassumerle per Nuova Energia.



Partiamo dai possibili segnali di ripresa...
**Nel 2011 la crescita prevista negli Emirati Arabi Uniti sarà del 3,5 per cento e nel Paese si sta puntando su nuovi progetti di sviluppo e sul completamento di importanti opere infrastrutturali: porti, aeroporti, nuovi sistemi viari. Nella sola Abu Dhabi sono in corso di realizzazione straordinari programmi di sviluppo, per i quali è stato stanziato un piano federale di circa 1 miliardo di dollari per i prossimi anni.
Questa capitale sta destinando ingenti investimenti alla modernizzazione del suo aeroporto, destinato a supportare un imponente piano di sviluppo turistico della città, mentre a Dubai è in esercizio dal giugno 2010 il nuovo Al Maktoum International Airport, destinato a diventare uno scalo 10 volte più grande rispetto all’attuale aeroporto internazionale della città e parte integrante del Dubai World Central. Questo progetto punta a trasformare l’area di Jebel Ali (la free zone a circa 40 chilometri dal centro cittadino, dove già sorge il porto) in uno dei più grandi hub mondiali per la logistica, il turismo e il commercio.
Altrettanto importante è il piano di riduzione delle distanze all’interno del Paese, attraverso la connessione diretta di tutti i centri nevralgici: nasce con questo obiettivo l’ambizioso progetto curato dalla compagnia statale Union Railway, che nel complesso vale oltre 10 miliardi di dollari e prevede la costruzione di una grande rete ferroviaria - lunga oltre 1.500 chilometri - destinata a collegare tutti i principali centri industriali e logistici dei sette Emirati, così come le città che confinano con l’Arabia Saudita e l’Oman.


Dalle infrastrutture per la mobilità, trasferiamoci nel settore energia.
**Come è noto, quello dell’energia è un comparto molto importante in quest’area del mondo. Non a caso, qui lavorano già da tempo diverse compagnie italiane attive nel campo della ricerca e dello sfruttamento di energia fossile. Vorrei però sottolineare gli sforzi compiuti dai Paesi di nostra competenza verso la diversificazione delle fonti energetiche e l’implementazione di tecnologie per la produzione di energie rinnovabili: una sorta di rivoluzione per realtà che - come buona parte dei Paesi arabi - da decenni si affidano esclusivamente alle proprie riserve di energia fossile e che fanno tuttora fatica a introdurre leggi e normative a tutela del rispetto ambientale.
Un ritardo comune a tutta l’area del Medio Oriente, che potrebbe offrire interessanti opportunità a tutte quelle nazioni industrializzate - come il Giappone, la Germania, l’Italia e la Corea del Sud - che già da anni hanno adottato un’articolata legislazione in materia di impatto ambientale o che, non avendo risorse fossili, hanno investito sulla ricerca di fonti energetiche alternative.


Proviamo a citare qualche progetto di rilievo?
**Senza dubbio, il piano per la costruzione ad Abu Dhabi di Masdar City, la prima città al mondo a zero emissioni di anidride carbonica, completamente alimentata con energia rinnovabile, all’interno della quale opererà anche IRENA, l’Agenzia Internazionale per le Energie Rinnovabili e la prima Agenzia Internazionale ad avere sede in Medio Oriente.
Il piano prevede l’utilizzo di almeno 90 mila pannelli solari fotovoltaici che, disposti su una superficie di oltre 200 mila metri quadrati, potranno generare energia per 8.000 abitazioni, evitando la dispersione in atmosfera di 15 mila tonnellate di biossido di carbonio ogni anno. Accanto alla scelta verde rappresentata da Masdar City, gli Emirati hanno poi scelto di percorrere la strada del nucleare. Per far fronte all’aumento della domanda interna di energia, che si prevede arrivi a 40.000 MW nel 2020 rispetto ai circa 15.000 MW del 2009, il governo ha raggiunto un accordo con KEPCO (Korea Electric Power Corp.) chiamata a realizzare entro il 2020 quattro reattori nucleari in cooperazione con altre aziende di costruzioni coreane. Si tratta di un mega progetto che vale 20 miliardi di dollari e che consentirà di far entrare in funzione il primo reattore nel 2017.


Un discorso a parte riguarda il Qatar, la prima nazione del mondo arabo ad ospitare i Mondiali di calcio, nel 2022. Qual è la situazione attuale del Paese e cosa cambierà in futuro?
**Negli ultimi anni il Qatar ha goduto di una rapida crescita economica, soprattutto grazie agli alti prezzi dei combustibili fossili. La politica economica si sta ora focalizzando sull’aumento degli investimenti privati e stranieri nei settori non-energy, anche se il petrolio e il gas rappresentano ancora il 57,5 per cento del Pil e - rispettivamente - l’85 per cento dei proventi dell’export e il 70 per cento delle entrate governative. Nel 2010 il Pil è cresciuto del 16 per cento (stima) e il reddito pro capite è stato di oltre 60.000 dollari americani (stima).
Prima ancora che la FIFA annunciasse di aver assegnato al Qatar la World Cup, il Paese aveva già piani- ficato un programma di investimenti da 100 miliardi di dollari - circa l’87 per cento del Pil - per la realizzazione realizzazione o l’implementazione delle sue infrastrutture, quale parte della National Vision 2030, l’ambizioso piano di modernizzazione del Paese che prevede un’ampia serie di progetti di alto profilo soprattutto nel settore dei trasporti e dell’ospitalità. Ora un ulteriore, fortissimo impulso allo sviluppo del Qatar arriverà dai grandi eventi sportivi che saranno ospitati nel Paese: primo, in ordine cronologico, il Campionato mondiale maschile di pallamano nel 2015, poi - naturalmente - i Mondiali di Calcio del 2022.


Cosa possiamo quindi attenderci nei prossimi dieci anni?
**In vista di quest’ultimo appuntamento, il Qatar si è impegnato a spendere ben 50 miliardi di dollari in infrastrutture e nell’offerta presentata alla FIFA ha descritto a grandi linee come superare tutta una serie di ostacoli per poter ospitare i Mondiali, tra cui le alte temperature dei mesi estivi. In particolare, l’offerta si è concentrata sulla sostenibilità ambientale - con l’introduzione di nuove tecnologie per raffreddare gli stadi e le strutture dedicate agli allenamenti - e sullo sviluppo di una rete viaria (strade, ponti, metro, treni, eccetera) tale da facilitare lo spostamento delle centinaia di migliaia di spettatori che affluiranno nel Paese in occasione del torneo. In particolare, il Piano prevede l’introduzione di complessi sistemi integrati metro/ferrovia destinati a mettere in comunicazione le principali città del Paese e a creare nuovi collegamenti con altri Stati del Golfo (Arabia Saudita e Bahrein), con un budget stimato di circa 24 miliardi di dollari americani.
Progetti ambiziosi anche per il rafforzamento del sistema portuale, grazie al moderno New Doha Port, che inizierà le operazioni nel 2014, e per l’ampliamento del trasporto aereo: il Qatar sta infatti realizzando il nuovo aeroporto internazionale di Doha ad un costo di 13 miliardi di dollari. Lo scalo, che sarà la principale porta d’accesso al Paese durante i Mondiali di Calcio, potrà sostenere un traffico totale di 50 milioni di passeggeri l’anno quando i lavori saranno ultimati, nel 2017.


E per quanto riguarda il piano dell’ospitalità?
**Il Qatar ha pianificato di mettere a disposizione oltre 94 mila stanze per i visitatori (superando così di gran lunga la richiesta minima di 60 mila stanze avanzata dalla FIFA) e di far svolgere le gare previste nelle 7 città ospitanti in 12 stadi, di cui 3 già esistenti e da ristrutturare, e 9 da realizzare ex novo, con un budget complessivo di circa 4 miliardi di dollari. Come ho già accennato, per risolvere il problema delle condizioni climatiche presenti in Qatar, proibitive soprattutto nei mesi estivi, in tutti gli stadi verranno adottate misure per ridurre l’impatto delle radiazioni solari e dei venti caldi e saranno realizzati sistemi di raffreddamento che garantiranno temperature ottimali all’interno delle strutture, sia negli spazi riservati agli spettatori sia sul campo da gioco. Il tutto, fra l’altro, attraverso l’uso di fonti di energia pulita e rinnovabile in modo che i Mondiali di calcio del 2022 siano i primi, nella storia della World Cup, completamente carbon-neutral.
È facile prevedere che questo appuntamento sportivo - seguito da miliardi di persone in tutto il mondo - avrà un enorme impatto sul tessuto economico e sociale non solo del Qatar, ma anche delle altre nazioni del Golfo, come il Bahrein e gli Emirati Arabi Uniti. E noi non possiamo che guardare con estrema attenzione alle opportunità che ora, grazie a questo importante evento, si apriranno anche per le imprese italiane.


Prossima tappa, l’Oman... Quali le principali opportunità?
**Per le imprese italiane i settori più promettenti sono quelli delle infrastrutture e dei trasporti, oltre alle telecomunicazioni. Non vanno poi dimenticate le tradizionali opportunità (appalti di tipo EPC, soprattutto per grandi lavori di ingegneria), che si profilano per le nostre aziende nei settori petrolifero, petrolchimico, del gas naturale e della power generation, e che negli ultimi anni hanno visto un consistente rilancio grazie all’aumento delle rendite petrolifere e dei forti investimenti dedicati ai progetti di enhanced oil recovery. Nel giugno 2009 è stata avviata una gara dell’Autorità pubblica dell’energia e dell’acqua omanita per l’implementazione del primo impianto sulla produzione di energia solare.
Sul fronte prettamente commerciale, le nostre esportazioni sono nettamente superiori alle importazioni e di conseguenza il saldo con l’Oman è tradizionalmente positivo per l’Italia. Il 75 per cento del nostro export è rappresentato da beni di investimento, sostanzialmente macchinari e lavorazioni metalliche. Tuttavia alcuni settori, come gli alimentari o gli elettrodomestici, possono offrire ulteriori spazi ai nostri prodotti.
Quanto alle potenzialità di cooperazione commerciale e industriale, interessanti opportunità provengono dal restauro del patrimonio culturale omanita e dal turismo: proprio il comparto turistico è uno di quelli che offre maggiori opportunità agli investitori stranieri, grazie al sostegno offerto dalle autorità locali alle iniziative nel settore. La recente liberalizzazione in ambito bancario e nelle comunicazioni (inclusa la radio-televisione) ha poi comportato l’avvio di iniziative di gruppi italiani nei due settori.
Sempre nell’IT, nel settembre del 2003 è stato aperto il primo Parco Tecnologico in Oman, la Knowledge Oasis Muscat (KOM), che offre ai potenziali investitori internazionali un polo ad alta tecnologia dotato di spazi, strutture e servizi per la creazione di startup nel settore tecnologico e informatico e che rappresenta, nelle intenzioni del governo locale, una porta d’accesso per le piccole e medie imprese che vogliano investire in Oman.


Torniamo a una vision più generale dell’area. Quali sono i punti di forza dell’approccio italiano?
**Si tratta di mercati altamente competitivi. Questo significa che gli standard richiesti sono molto elevati e che le nostre aziende si confrontano con competitor specializzati provenienti da ogni parte del mondo. Una sfida non semplice, dunque, che però le aziende italiane hanno saputo raccogliere con intelligenza.
In particolare negli Emirati Arabi la presenza imprenditoriale è altamente qualificata ed è rappresentata da oltre 140 società con propria filiale e da molte altre che operano tramite agenti locali. Il Paese si conferma il principale sbocco delle esportazioni italiane in Medio Oriente e Nord Africa. La composizione dell’export è consolidata e rimane quella csica: a parte le grandi commesse, i settori dei macchinari industriali e dei prodotti dell’industria meccanica e le produzioni di oreficeria-gioielleria sono ai primi posti. Restano ampie aree di miglioramento per settori quali l’edilizia, l’energia, il contract, la protezione ambientale, l’agroalimentare, i servizi e le attrezzature sanitarie, le attrezzature turistiche e la formazione.


E quanto ai concorrenti?
**Secondo gli ultimi dati disponibili e relativi al 2009 (Statistical Bulletin della Banca Centrale degli EAU), i principali Paesi fornitori degli EAU sono la Cina (12,5 per cento), l’India (10,7 per cento), il Giappone (7,6 per cento), gli Usa (7,2 per cento), il Regno Unito (6,5 per cento), la Germania (6,1 per cento). L’Italia figura all’ottavo posto in assoluto (4 per cento) e al terzo posto tra i Paesi dell’Unione europea.
Il mantenimento di un’adeguata porzione di mercato - negli Emirati, come in Oman e Qatar - richiede tuttavia azioni promozionali mirate contro una concorrenza sempre più agguerrita, e un maggior coordinamento delle nostre imprese (specie per le piccole e medie) anche a valle, oltre che a monte (ad esempio, attraverso la formazione di consorzi) al fine di presentare offerte ad hoc e sfruttare meglio - attraverso un approccio selettivo volto ad evidenziare l’unicità e la differenziazione del prodotto italiano – le opportunità offerte dai grandi progetti di sviluppo, in particolare nei settori delle infrastrutture e delle costruzioni.


Quali progetti di rilievo sono già in essere e quali potrebbero partire a breve?
**Fra i progetti più recenti, vorrei segnalarne alcuni che rappresentano il seguito concreto della missione economica di sistema - uno dei maggiori punti di forza dell’azione economica e politica italiana - svoltasi nel novembre 2010 negli Emirati Arabi Uniti: cinque nuovi, significativi contratti siglati da alcune aziende italiane negli EAU negli ultimi mesi. Il primo è l’assegnazione, da parte della società governativa GASCO, di un contratto alla società italiana Techint per un totale di circa 620 milioni di dollari. Si tratta di un progetto che Techint realizzerà in joint-venture con l’emiratina Al Jaber (quest’ultima, tuttavia, in quota di minoranza) per costruire un nuovo impianto di stoccaggio e trattamento dello zolfo a Ruwais, nell’Emirato di Abu Dhabi.
Il secondo è un progetto idraulico del valore di oltre 200 milioni di dollari: la commessa, assegnata al Gruppo Impregilo, è relativa all’ultimo lotto del programma denominato Strategic Tunnel Enhancement Programme, che porterà alla realizzazione ad Abu Dhabi di un tunnel idraulico della lunghezza di circa 40 chilometri. Il contratto segue l’assegnazione del primo lotto avvenuta a fine 2009 con un accordo da circa 250 milioni di dollari. La terza commessa è relativa al settore della gestione dei rifiuti e ha una valenza strategica al di là del valore economico.


Scendiamo nel dettaglio...
**Si tratta di due nuovi contratti per la società Lavajet, di cui uno prevede la raccolta e pulizia di un’area urbana residenziale della capitale emiratina fino al 2013 e un altro riguarda la gestione della principale discarica di Abu Dhabi per i prossimi 5 anni. Il volume totale di questa commessa è di circa 80 milioni di euro, che si sommano ai 30 milioni annui che la società ottiene già da alcuni anni per la raccolta e gestione dei rifiuti della città di Al Ain. Questi ultimi due contratti sono particolarmente significativi, non solo perché aprono nuove prospettive in un settore in forte espansione, ma anche perché interrompono il monopolio della società francese Veolia nel settore ambientale ad Abu Dhabi.


Il quadro si completa con...
**Il quarto progetto riguarda la società di consulenza specializzata nel settore dell’agricoltura e allevamento Agriconsulting, che si è aggiudicata il contratto di assistenza tecnica per la gara d’appalto Animal Identification and Registration system in Abu Dhabi. L’incarico è stato fornito dalla Abu Dhabi Food Control Authority (ADFCA) per un valore - in questa fase iniziale - di circa 8 milioni di euro, e con l’obiettivo prioritario di creare un’anagrafe animale in forma di una banca dati elettronica.
Infine, l’ultimo risultato di rilievo riguarda la costituzione negli Emirati di una nuova joint-venture (Etihad Ship Building) tra Fincantieri, Melara Middle East e Al Fattan Ship Industries per la progettazione, produzione e vendita di imbarcazioni ad uso sia civile sia militare.

 
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