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IL GIORNALIERO - Tra Russia e UE un filo doppio energetico che preoccupa (entrambi) Stampa E-mail

24 febbraio 2011 - Se ad avere un solo fornitore si rischia parecchio, anche la prospettiva di un singolo cliente (e di un solo prodotto da vendere) non dovrebbe far dormire sonni tranquilli; sembra ovvio e scontato. Eppure, ormai da troppi anni, sulla linea Mosca-Bruxelles dell’energia si riscontra un’evidente eccezione. L’Europa fa rifornimento quasi esclusivamente alle stazioni di servizio russe. E, di converso, la Russia vende le sue preziose risorse energetiche principalmente in euro.
E questo secondo elemento, forse, è il meno noto. Che l’Europa rischiasse una dipendenza cronica dalla super potenza ex sovietica è cosa scritta e riscritta un po’ dovunque. Anche, ufficialmente, nelle Direttive. Meno scontata era, tuttavia, la scarsa clientela della Russia, eccezion fatta - appunto - per l’Europa.
Una recentissima nota della stessa Unione europea lo conferma. Nel ricordare che la Russia è in assoluto il primo fornitore energetico del Vecchio Continente (non solo alla voce oil&gas, ma anche per le partite di uranio e di carbone), ha anche ribadito che proprio l’Europa rappresenta la prima area di sbocco per l’energy export russo. E dai numeri si evince che lo sbilanciamento in termini di sicurezza è - paradossalmente - molto più a danno della Russia che dell’Europa.
Infatti, il Cremlino assicura il 25 per cento della domanda europea di oil&gas (che è un’enormità), ma nello stesso tempo trova nella UE un cliente assolutamente irrinunciabile. Ben il 70 per cento delle vendite di gas russo sui mercati stranieri finisce all’interno della UE a 27 Paesi e oltre il 50 per cento del carbone prende la stessa strada. Non solo, sul totale delle esportazioni di beni russi in Europa (materie prime, semilavorati, derrate agricole, eccetera) l’energia copre i due terzi del budget.

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