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IL GIORNALIERO - Il rinascimento nucleare? Rischia di parlare quasi solo straniero (2) Stampa E-mail

1 febbraio 2011 - Il recente convegno promosso dall’Enea sul tema La formazione delle risorse umane nel nuovo programma nucleare ha posto - pur senza dirlo chiaramente - un serio dubbio sulla capacità delle nostre risorse umane di cogliere l’eventuale grande opportunità di un ritorno all’atomo.
Una stima pur conservativa (vedi il Giornaliero di ieri) segnala un fabbisogno di alcune centinaia di laureati (per le infrastrutture di carattere normativo), di un migliaio di ingegneri nucleari (o figure affini) per singola centrale durante la fase di costruzione, di almeno duecento esperti, sempre per singola centrale, nella fase di esercizio. Senza parlare della domanda di risorse umane che andranno inquadrate nelle aziende fornitrici di componenti e più in generale nell’indotto. E poi c’è il decommissioning. Oggi gli esperti di settore (in carico a Sogin) sono in Italia circa 700. “Ma è chiaro - ammette l’Enea - che la ripartenza di un programma nucleare imporrà un potenziamento di questo settore. Basti pensare che in Gran Bretagna degli attuali 44.000 addetti del settore nucleare, ben 12.000 lavorano nel versante del decommissioning”.
Conclude lo studio Enea: “Dal punto di vista quantitativo, una stima molto grossolana indica circa 2.000 addetti presenti nel nostro Paese con competenze professionali nucleari. Se confrontiamo questi numeri con i 44.000 della Gran Bretagna, i 66.000 del Canada o gli oltre 100.000 degli Stati Uniti (in tutti i casi non si tiene conto del settore militare), si ha la misura di quanto debba crescere questo settore produttivo anche in Italia...”.
Non ci vuole una laurea in ingegneria per capire che, per fare le cose seriamente, stiamo parlando (anzi, gli esperti dell’Enea parlano) di un fabbisogno di non meno di 10 mila figure professionali di alto o altissimo profilo, preferibilmente provenienti da corsi universitari mirati.
E qui c’è il grosso incaglio. “Il sistema educativo italiano - commentano gli esperti Enea - con meno di 100 laureati nucleari l’anno non ha oggi una capacità produttiva adeguata a questa sfida. Occorre rivitalizzare le competenze ancora attive arrivando a 300 laureati nucleari l’anno”.
Trecento l’anno? Nella migliore delle ipotesi (pensando a un primo boom di immatricolati già nell’anno accademico 2011/2012) laureati non prima del 2017? Quando fino a ieri si parlava di metter in funzione la prima centrale entro il 2020? È come ammettere che solo con le nostre forze prima del 2030 non saremo pronti con un numero adeguato di esperti in grado di bilanciare le esigenze della domanda e dell’offerta!
Numeri alla mano, con queste prospettive, se mai il Rinascimento Nucleare prenderà corpo in Italia (entro tempi ragionevoli), potrà farlo solo attingendo a piene mani dall’estero e da quelle nazioni che hanno continuato a credere in tutti questi anni nell’atomo.

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