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IL GIORNALIERO - Il rinascimento nucleare? Rischia di parlare quasi solo straniero (1) Stampa E-mail

31 gennaio 2011 - Sull’ultimo numero di Nuova Energia Federico Santi ha lanciato un appello accorato: “Facciamo ripartire con l’atomo la nostra impresa; non solo la manovalanza, gli operai, ma anche i tecnici, i cervelli. Teniamoci le chiavi della porta del nostro futuro energetico, altrimenti dovremo bussare ogni volta all’estero perché ce la aprano all’occorrenza. Cambiamo colore al tricolore nucleare: bianco e rosso restino, che il blu (francese) torni verde, verde speranza”.
Ma è davvero così elevato il rischio colonizzazione da parte del know-how (anche in carne e ossa) straniero? Ahinoi, parrebbe proprio di sì. E i primi ad ammetterlo, pur senza dirlo apertamente, sono gli esperti dell’Enea. Nei giorni scorsi Roma ha ospitato un interessante convegno, dal titolo La formazione delle risorse umane nel nuovo programma nucleare.
Ecco, in libertà, alcuni degli spunti emersi. “Considerando una soluzione tecnologica di III generazione tipo EPR, per la realizzazione di una centrale a due reattori, la stima di 1.000 laureati nucleari per centrale può essere considerata sufficientemente conservativa”.
A monte di tutto occorrerà pero realizzare l’infrastruttura di supporto: ovvero l’insieme di enti, organismi, leggi, indirizzi, normative, strumenti finanziari, procedure, conoscenze e relazioni che costituiscono il quadro di riferimento operativo entro cui possono agire gli operatori della costruzione e dell’esercizio di un impianto nucleare e del ciclo del combustibile. Diciamo, per essere tirati con le cifre, di dover aggiungere alcune centinaia di laureati nucleari. 
Altra variabile, quella della produzione di componenti. L’indagine avviata da Enel sull’interesse dell’industria a diventare fornitore nel mercato nucleare ha avuto un riscontro da oltre 500 aziende. Vogliamo considerare almeno un paio di neo-laureati ad hoc (non necessariamente ingegneri) per singola realtà? 
Ultimo capitolo, quello dell’esercizio della centrale. Nell’esperienza anglosassone sono almeno 170 gli ingegneri (civili, informatici, elettrici, meccanici, nucleari e di progetto) addetti al funzionamento diretto di un singolo impianto, cui si aggiungono esperti di sicurezza, addestratori, operatori di sala controllo. E tra queste figure è lecito identificare altri laureati. Infine, il capitolo decisivo del decommissioning.

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