15 gennaio 2011 - Che piaccia o no il ritorno al nucleare in Italia, nessuno pensava che il rientro sarebbe stato tranquillo. Già durante le precedenti campagne elettorali, politiche e amministrative, le prese di posizione rivelavano una certa dose di trasversale incertezza.
Anche se risulta sempre molto difficile decifrare la politica italiana e che cosa ne pensano i suoi rappresentanti, restando alla cronaca emergeva un pronunciamento pro-atomo nel programma elettorale dello schieramento allora vincente e oggi al Governo. Alle consultazioni regionali, quando il ritorno al nucleare assumeva contorni abbastanza definiti, non mancarono pronunciamenti dei candidati governatori risolutamente incerti sul sì o sul no, con una certa tendenza per il secondo anche da parte di esponenti dei partiti che avevano vinto da poco le elezioni politiche.
A seguire fu avviata l’Agenzia per la sicurezza, con qualche incidentino di percorso, e più in generale a tutt’oggi si registrano due fatti. Il primo, prevedibile e diffuso: ancor prima che si sappia qualcosa di preciso sul ritorno del nucleare, quest’ultimo non è gradito a fasce dell’opinione pubblica che si è già prontamente mobilitata. L’altro: sul versante dei fautori del ritorno, si percepisce una sensazione (non poco diffusa) che il cammino incontri non poche difficoltà.
Sul piano della comunicazione, poi, non trattandosi di impiantare un’antenna parabolica, ci si aspetterebbe un dialogo con la cittadinanza non solo fornito dal privato ma anche e soprattutto (vivaiddio!) dallo Stato. Adesso, in questo scenario dove non mancano i banchi di nebbia, si è materializzata una schiarita che prevede l’eventuale referendum replica del 1987. Dal via libera della Consulta alla consultazione, solitamente primaverile, il passo è cronologicamente breve. Forse anche troppo per chiarirci (tutti) le idee.

Giuliano Agnolini_____