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IL GIORNALIERO - I dati EIA fanno sbiadire l’ottimismo verde della Casa Bianca Stampa E-mail

27 dicembre 2010 - Dura la strada per togliersi di mezzo le fonti dure e per dar vita a una (vera) green economy, quando servono ben due anni... per guadagnare soltanto due decimi di punto. Questa riflessione - invero un po’ impietosa - nasce dalla lettura degli ultimi dati pubblicati dall’EIA sul mix di generazione elettrica negli Stati Uniti. Dati che sembrano contraddire almeno in parte l’ottimismo verde della Casa Bianca. A giudicare da questi numeri, infatti, la strada che gli States devono percorrere per poter definire low carbon il kWh a stelle e strisce è ancora lunga e faticosa.
A fine settembre la fonte in assoluto più sfruttata era ancora il carbone, con uno share pari al 43,1 per cento. Alle sue spalle il gas naturale, con il 26,8 per cento, e altri gas non convenzionali con lo 0,3 per cento. Sotto quota 1 per cento il petrolio (per l’esattezza, con una quota parte pari allo 0,8 per cento). Il nucleare, con un 20,1 per cento di peso specifico (sempre in termini di kWh prodotti) doppia abbondantemente le rinnovabili, che sono appena al di sotto del 5 per cento con l’idroelettrico convenzionale e al di sotto del 4 per cento con solare termico, fotovoltaico, eolico, biomasse e geotermico.
È utile - e anche un po’ crudele... - a questo punto fare un salto indietro di un paio di anni. Com'era il mix nel 2008? Il carbone generava il 48 per cento della potenza immessa in rete (bene, si è avuto un bel ridimensionamento!), il petrolio superava appena il punto percentuale (anche in questo caso, un taglio salutare dei consumi), il gas naturale si fermava al 21,7 per cento (toh, un incremento di oltre 5 punti percentuali). Considerando le fonti fossili, il mix attuale è pari al 70 per cento secco, mentre due anni fa era del 70,2 per cento. In 24 mesi, quindi, è stato possibile ridurre di soli due decimi di punto il ruolo delle fonti dure!
Ad aggravare lo smacco, un altro dato. A guadagnare spazio è stato il nemico nucleare, che è passato dal 19,3 al 20,1 per cento. In termini percentuali fotovoltaico, eolico e compagni avrebbero addirittura ridotto il loro peso relativo.
È vero che il confronto tra un anno intero (il 2008) e un singolo mese (settembre 2010) potrebbe aver portato a qualche distorsione, ma il messaggio di fondo è comunque chiaro, a prescindere dai decimali. A meno di un cambio di passo oggi difficile da concepire, prima che i rapporti di forza tra non rinnovabili e rinnovabili si possano davvero invertire, anche negli States dovranno passare parecchi anni. Probabilmente decine...

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