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PAUSA-ENERGIA
 
“Si può vincere solo con l’innovazione” Stampa E-mail

di Agostino Re Rebaudengo, presidente di Asja Ambiente Italia


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PUGLIA, UN PROGETTO CHE VALORIZZA
I SOTTOPRODOTTI OLEARI E CASEARI CON LA DIGESTIONE ANAEROBICA

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Anche per l’Italia - secondo produttore mondiale
di olio d’oliva con circa 600.000 tonnellate commercializzate, di cui il 36 per cento prodotto nella sola Regione Puglia - il trattamento e lo smaltimento dei reflui oleari rappresenta un problema rilevante, come è dimostrato da casi, sempre più diffusi, di inquinamento di falda,
dei terreni, addirittura - a volte - di zone marine.

[...] Attualmente l’unica soluzione adottata per
la gestione finale delle acque di vegetazione è
lo spandimento sui terreni agricoli [...]. Asja si è fatta promotrice di un progetto di ricerca,
finanziato in parte dalla regione Puglia (POR
2007-2013), che si pone l’obiettivo di risolvere
tutti i problemi di gestione e smaltimento dei reflui oleari, sviluppando le competenze tecniche e scientifiche per la realizzazione di impianti di generazione elettrica alimentati con il biogas prodotto dalla digestione anaerobica di sanse
e acque di vegetazione. [...]

Leggi i dettagli del progetto e
i principali risultati ottenuti | PDF 276 KB

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La crisi economica di questi ultimi anni ha prodotto, nel nostro Paese, effetti ampiamente negativi anche nel settore della ricerca e sviluppo (R&D), peraltro già cronicamente malato; ciò si traduce in una drastica riduzione degli investimenti, nonostante l’opportunità di usufruire di sgravi fiscali.
Il governo ha recentemente imposto agli enti di ricerca pubblici tagli che in alcuni casi raggiungono l’80 per cento; questo certo non gioverà alla competitività del nostro Paese, che rischia davvero di rimanere il fanalino di coda tra le nazioni industrializzate. Un recente articolo apparso su il Sole 24 ore sottolinea come l’Italia attragga poco gli investitori esteri o, addirittura, come è già successo per esempio con Motorola a Torino e Glaxo a Verona, si assista ad una ritirata di chi ha lavorato nel nostro Paese. Due le ragioni fondamentali: l’insufficienza dei finanziamenti pubblici e la scarsa collaborazione tra enti di ricerca e imprese.

Gli investimenti in R&D, soprattutto nel settore privato, sono piuttosto esigui; ciò è causato dalla particolarità del tessuto industriale italiano, costituto da un alto numero di piccole-medie imprese e da una strutturale debolezza patrimoniale che porta a implementare tecnologie già disponibili e, in genere, a investire solo per un perfezionamento, magari aggiungendo un po’ della famosa inventiva italiana… Lo dimostrano gli ultimi risultati pubblicati sulle esportazioni italiane: solo il 9,3 per cento ha un alto contenuto tecnologico, a fronte di un 49,3 per cento con tecnologia di basso livello.
In Italia la ricerca scientifica è generalmente lontana dalla realtà industriale/produttiva. Questa distanza rischia di svuotare la ricerca del suo significato primario, relegandola ad esperienze di laboratorio con possibili applicazioni, spesso, troppo lontane nel tempo.

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