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IL GIORNALIERO - Non solo lacrime per l’Italia della ricerca e della formazione (2) Stampa E-mail

13 dicembre 2010 - Siamo meno peggio di come ci dipingiamo... e meglio di come ci dipingono. Potrebbe essere sintetizzato in questo gioco di parole il pensiero di Roberto Negrini, nuovo presidente della Fast, sullo stato di salute della ricerca e della formazione in Italia (vedi il Giornaliero di sabato scorso).
Eppure c’è uno scoglio che sembra ancora difficile da superare. Lo scarso appeal (o forse sarebbe il caso di chiamarla credibilità) che gli enti e le istituzioni di ricerca sembrano avere nei confronti del cittadino comune. Al punto che - soprattutto in tema di energia - la parola di un comico o di un cantautore sembra assai più autorevole e disinteressata (!) della dichiarazione di un plurititolato ricercatore.
“C’è una prima barriera in termini di comunicazione - commenta Negrini - visto che è assai difficile trovare un ricercatore capace di parlare a milioni di persone con il loro stesso linguaggio, a differenza di quanto sa fare - per ovvie ragioni - un personaggio dello spettacolo. Penso però che il vero problema sia un altro. Dal mondo della scienza spesso vengono messaggi contrastanti e non privi di sfumature ideologiche su diversi argomenti. Temi quali il nucleare, l’energia in generale, l’ambiente, sono settori fortemente sensibili, nei quali l’idea del mondo che ha il singolo ricercatore ha molta influenza sul suo parere e sulla sua sfera professionale. L’aspetto personale tende non di rado a prevalere, e questo toglie credibilità agli stessi esperti. E si finisce per inserire nella ricerca concetti del tutto estranei quali bene e male, buoni e cattivi, destra e sinistra”.
Magra consolazione, non si tratta di un’esclusiva italiana, tutt’altro. “Il ricercatore, in ultima analisi, è un soggetto che vuole emergere personalmente e vuol far emergere i propri studi, che necessita di finanziamenti adeguati, costretto a dimostrare l’impatto positivo sulla società del proprio lavoro (al limite, anche colorandolo). Nella realtà di oggi questo, inevitabilmente, porta a schierarsi. Il rischio, altrimenti, è quello di restare nell’ombra, di non avere alcun supporter e di fare ancora meno strada. E questo vale in Italia come dovunque nel mondo”.

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