23 novembre 2010 - Avere come vicini di casa dei colossi ingombranti quali Cina e India può far sembrare marginali performance che altrove meriterebbero un titolo di prima pagina. Un destino, questo, che tocca in prima persona il Vietnam. Anche se la fame di energia dello stato asiatico è degna del miglior Pantagruel, difficilmente il suo nome compare tra le nazioni che fanno notizia. Eppure...
Nei mesi scorsi il Giornaliero ha più volte puntato i riflettori in questa direzione, segnalando un allarme crescente per i rischi blackout; la diffusa consapevolezza, tra la popolazione locale, di dover conciliare l’aumento della produzione energetica con la necessità di contenere le emissioni; la scelta di comprendere tra le soluzioni carbon free anche il nucleare. Ora, è la volta del gas naturale.
La locale economia dovrebbe crescere con un tasso medio annuo pari all’8 per cento; idroelettrico, carbone e rinnovabili - in attesa della soluzione atomo di lungo periodo - non potranno da soli alimentare questo trend. Da qui la decisone di investire nella giovanissima industria del CH4.
Come rileva una nota dell’ICE, quindici anni fa il settore ha cominciato a muovere i primi timidi passi, partendo praticamente da zero. Da allora, di strada ne ha fatta parecchia. Oggi, non solo il 15 per cento dei consumi globali interni di energia sono assicurati dal gas naturale, ma è anche nata una forte industria satellite di aziende statali e investitori privati; sono stati sviluppati pozzi offshore, condotte e centrali energetiche, impianti industriali e fabbriche per fertilizzanti.
Una vera e propria filiera di settore, dunque anche se la maggior parte degli impieghi (poco meno del 90 per cento delle estrazioni) è assorbita proprio dalla generazione elettrica dove il gas naturale detiene una quota pari al 40 per cento. Ma questo è considerato solo un punto di partenza.

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