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IL GIORNALIERO - R&S: la Cina si scopre vulnerabile nei confronti di frodi e plagi Stampa E-mail

16 novembre 2010 - La ruota gira. E così, può capitare che anche in Cina la tutela della proprietà intellettuale da problema di politica estera diventi una pressante questione interna. “In questa fase di robusta crescita - evidenzia Antonino Laspina, direttore ufficio ICE di Pechino, in un’ampia intervista che sarà pubblicata sul prossimo numero di Nuova Energia - la Cina è diventata uno dei principali produttori mondiali di innovazione. Per prima, ha quindi preso consapevolezza della necessità di una tutela, e dei danni che può causare una concorrenza sleale. Si potrebbe dire chi la fa l’aspetti, ma nel frattempo ha cominciando a maturare la consapevolezza che i ruoli si potevano invertire e che a subire i maggiori danni poteva essere proprio il Paese di Mezzo”.
Nel Paese della Grande Muraglia non si è perso tempo ed è stata prontamente annunciata la tolleranza zero contro la proliferazione di frodi e plagi nei programmi di ricerca. “Occorre da un lato punire i ricercatori disonesti - ha dichiarato il ministro della Scienza e della Tecnologia Wan Gang - e dall’altro attuare un meccanismo che faciliti la puntuale supervisione dei programmi di ricerca”.
I colossali investimenti della Repubblica popolare cinese per la ricerca e lo sviluppo tecnologico hanno aperto sì le porte alla collaborazioni internazionale ma - nel contempo - hanno fatto venire alla luce distorsioni e malafede nella gestione dei programmi.
La Cina ha sottoscritto, negli ultimi tempi, 104 accordi di partnership scientifica e tecnologica con 97 Paesi del mondo: cambiamenti climatici e protezione ambientale sono tra i temi prioritari. Sono nati nel Paese istituzioni e centri di ricerca in gran numero, che impiegano oltre 2 milioni di persone. La frode e il plagio - assicurano fonti locali - riguardano in realtà una minoranza di ricercatori, ma sono fatti che hanno destato preoccupazioni. E ai quali si è deciso di porre rimedio senza troppi indugi.

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