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IL GIORNALIERO - Usa e Cina: la green economy manda in rosso la bilancia commerciale Stampa E-mail

23 ottobre 2010 - Lo sviluppo della green technology negli Stati Uniti creerà milioni di nuovi posti di lavoro! In Cina, però... Da quando Barak Obama è salito alla Casa Bianca, quello dei green job è divenuto uno dei cavalli di battaglia della politica economica americana (e a ruota, europea), quasi un tormentone quotidiano. L’idea di una miracolosa economia low carbon senza più petrolio né code di fronte agli uffici di collocamento è diventata quasi un dogma che pochi osano mettere in discussione.
Tra i rari eretici figura l’Economic Policy Institute, che ha rilevato come il deficit della bilancia commerciale di settore degli Stati Uniti con la Cina stia aumentando vertiginosamente da un anno con l’altro; letteralmente raddoppiato negli ultimi dodici mesi. E questo a causa dei sussidi illegali (per migliaia di miliardi) che il Paese del dragone continuerebbe ad assicurare alle proprie aziende locali che scelgono la via dell’export.
Entra qui in gioco il fattore occupazionale. Infatti, l’Economic Policy Institute avrebbe quantizzato gli effetti dell’aumentata presenza cinese sul mercato americano della green technology nel corso del 2010 in 8.000 posti di lavoro persi.
È utile, a questo punto, dare qualche numero in più. Nel 2006 le importazioni americane dalla Cina nel settore clean energy (si tratta di una valutazione parziale che, di fatto, considera solo eolico e fotovoltaico) avevano raggiunto i 98 milioni di dollari a fronte di 12 milioni di dollari di export. La bilancia pendeva quindi già allora a sfavore degli States. Ma il valore (87 milioni di deficit), tutto sommato poteva essere considerato trascurabile visti gli attori della partita.
Nel 2009 la capacità di penetrazione in territorio cinese del made in Usa - sempre nel comparto “ristretto” delle clean energy - rimaneva ancora ferma al palo (30 milioni di dollari, valore in calo rispetto al record di 45 milioni del 2007). Nel contempo, però, le importazioni si erano attestate oltre quota 620 milioni di dollari, portando il deficit su livelli da record. Un primato che sarà certamente polverizzato quest’anno. Le stime parlano di oltre un miliardo di dollari come valore delle importazioni, e delle solite briciole (71 milioni di dollari) sulla direttrice Usa-Cina.
E a questo punto, oltre a domandarsi come gestire adeguatamente un deficit economico a nove zeri, c’è chi comincia a fare i conti anche con le occasioni perse in termini occupazionali. Proprio in uno di quei settori che dovevano rappresentare la panacea di tutti i mali...

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