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L'Emission Trading Scheme al giro di boa con un terremoto dei prezzi Stampa E-mail

di Renato De Filippo

L’Emission Trading Scheme europeo (ETS), ossia il mercato comunitario dei permessi di emissione di gas serra (EUA) è ormai giunto al primo giro di boa. Gli operatori e gli osservatori dello schema aspettavano con trepidazione la pubblicazione delle emissioni dichiarate per il 2005 dalle installazioni. Il regolamento prevede che avvenga a metà maggio di ogni anno. L’importanza di questa prima pubblicazione delle emissioni reali risiede nel fatto che essa rappresenta un po’ la prova del nove circa l’efficacia di tutto il processo di allocazione. A differenza di altri mercati, quello dei permessi di emissione non è regolato solo da fondamentali quali i prezzi dei combustibili, dark e spark spread, clima, eccetera. Ma soprattutto dalle scelte fatte in fase di avvio dalla Commissione europea, che ex lege ha imposto il mercato alle aziende della Ue e ricopre la funzione di organismo di supervisione. Nel 2004 sono partite le negoziazioni tra gli Stati membri e la Commissione europea circa l’approvazione dei tetti di emissione presentati nei vari Piani nazionali di allocazione (i cosiddetti NAP), con la Commissione che esigeva decurtazioni da diversi Stati e i governi nazionali che difendevano le proprie scelte. Il processo si è concluso dopo lunghi tira e molla solo all’inizio dell’anno in corso. Nelle settimane che hanno preceduto la pubblicazione dei dati relativi alle emissioni verificate e alle quote restituite, sia nel mercato OTC (Pointcarbon) che nelle varie piattaforme di scambio, si è registrata una notevole e progressiva crescita di prezzi e volumi scambiati. Ad aprile i volumi cumulativamente scambiati hanno superato gli ottanta milioni di tonnellate e i prezzi hanno oltrepassato i 30 dollari a tonnellata. Proprio nel momento in cui il mercato era entrato nel vivo e qualcuno addirittura ipotizzava ulteriori innalzamenti dei prezzi, a fine aprile è arrivata la doccia fredda delle prime indiscrezioni sulle emissioni dichiarate per il 2005. Funzionari di Repubblica Ceca, Francia, Olanda, Vallonia (il NAP belga è suddiviso in tre parti: Vallonia, Fiandre e Bruxelles) lasciavano trapelare che le emissioni totali per il 2005 erano notevolmente inferiori alle quote allocate per il suddetto anno nei rispettivi NAP. Anche la Spagna ha fatto parte del gruppo degli Stati membri “chiacchieroni” anche se le aziende spagnole risultano oggi complessivamente corte. Queste notizie hanno creato un vero e proprio sisma nel marcato. Relativamente alle quote con consegna a dicembre 2006, il prezzo si è dimezzato nel giro di qualche giorno, per poi raggiungere addirittura i 9 euro il 12 maggio. La Commissione europea, nel frattempo, si è affrettata a chiedere agli Stati membri di non pubblicare anzitempo i dati sulle emissioni reali. Solo lunedì 15 maggio sono stati resi pubblici i dati ufficiali per le 21 nazioni. L’analisi dei report pubblicati sul sito web della Commissione ha confermato l’ipotesi, delineatasi a partire dalle notizie di fine aprile: la maggior parte dei Paesi europei risulta complessivamente in una posizione lunga. L’eccezione è costituita dalla Gran Bretagna (che ha tra l’altro avviato un contenzioso con Bruxelles per il riconoscimento di 20 milioni di tonnellate di anidride carbonica in più, a valle dell’approvazione del proprio NAP), dalla Spagna, dall’Italia, dall’Austria, dall’Irlanda e dalla Slovenia. Tutti gli altri registrano a livello nazionale un’eccedenza di quote allocate rispetto alle emissioni prodotte. Germania, Francia, Repubblica Ceca e Finlandia, da sole, totalizzavano oltre 60 milioni di tonnellate di surplus. I dati sono in parte incompleti, in quanto al 30 aprile solo le emissioni di circa 9.000 installazioni (che comunque coprono il 99 per cento delle EUA totali) erano state pubblicate; limitatamente a queste, 850 siti non avevano consegnato un numero di quote pari alle emissioni dichiarate.

All’appello mancano inoltre, ancora quatto Stati membri, ossia Polonia, Cipro, Malta e Lussemburgo, che non hanno ancora attivato il registro nazionale delle emissioni. In particolare la pubblicazione dei dati della Polonia, che è uno dei colossi dell’ETS in termini di quote allocate, potrebbe riservare ulteriori sorprese. In Italia, il termine per la consegna delle quote è stato prorogato alla fine di maggio. All’appello mancavano il 15 maggio ancora più di 200 installazioni, che tuttavia rappresentano meno del 5 per cento delle emissioni totali allocate. Dai dati pubblicati, il nostro Paese rientra - come visto - nel ristretto gruppetto delle nazioni le cui installazioni sono risultate corte. Il settore che ha registrato gli sforamenti maggiori rispetto alle soglie fissate è stato per ovvie ragioni il termoelettrico, seguito dal cementiero. Le ultime settimane hanno dato senza ombra di dubbio un serio colpo alla credibilità del sistema. Qualche osservatore ritiene però che la situazione attuale potrebbe consentire al meccanismo di rodarsi nel primo periodo (2005 - 2007) con meno pressioni del previsto, in vista poi di un situazione di regime da realizzarsi nel secondo periodo. E sul secondo periodo è ora focalizzata l’attenzione, in quanto proprio nei prossimi mesi la Commissione deciderà sui NAP della seconda fase. La Ce aveva già chiesto un abbassamento dei tetti, al fine di agevolare il raggiungimento degli obiettivi del Protocollo di Kyoto da parte dei suoi membri.Alla luce di quanto è accaduto in questi giorni c’è da pensare che la Commissione richiederà ancora maggior rigore nelle previsioni di emissione e vaglierà più attentamente i Piani, al fine di non commettere gli stessi errori di giudizio commessi sui NAP della prima fase, cosa che potrebbe affossare definitivamente lo schema di cap & trade. Al contempo però non dovrà eccedere nel limitare i tetti di emissione, per non incidere sulla competitività delle aziende europee. Vanno per altro segnalate le polemiche, non solo italiane, relative alla spalmatura da parte di alcune compagnie elettriche dei costi dell’ETS sul prezzo del kWh. A tal riguardo alcuni governi stanno già avanzando proposte per limitare l’effetto domino sul prezzo dell’energia elettrica. Ci si aspetta dunque che gli Stati membri risultati lunghi presentino NAP più restrittivi, come chiesto dalla Commissione. Alcuni hanno già presentato i primi draft di correzione e l’impressione è che la Ce dovrà faticare molto per fare recedere alcuni di essi dall’intento di preservare situazioni di comodo per le proprie aziende. Nei mercati prevale comunque un certo ottimismo per il secondo periodo. L’andamento dei prezzi degli EUA con consegna a dicembre 2008 sembra dimostrare questa fiducia, dal momento che - nel periodo tra fine aprile e le prima metà di maggio - la caduta dei prezzi è stata relativamente contenuta. Alla luce di quanto accaduto e ripensando all’iter di approvazione del NAP italiano, a cui la Commissione ha imposto significative decurtazioni delle emissioni, viene da recriminare che altrettanta efficacia non ci sia stata nella valutazione della gran parte degli altri NAP. Speriamo che al prossimo giro ci sia maggiore equità. I mesi venturi sono dunque decisivi per il futuro del mercato europeo delle emissioni. Alla Commissione l’arduo compito di salvare l’ETS.

 
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