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IL GIORNALIERO - La Russia guida la voglia di nuovi MW dell’Europa dell’Est Stampa E-mail

11 agosto 2010 - Occhi puntati al di là del Muro. Nei prossimi anni l’Europa dell’Est beneficerà di un sostanzioso aumento della domanda di energia elettrica e dovrà attivare ancor più consistenti investimenti nel settore della generazione, tenendo anche conto dell’attuale stato di salute di alcuni impianti costruiti negli anni del monopolio della tecnologia sovietica. Sul tema si è accentrata l’attenzione dell’istituto di ricerca GBI Research che ha preso in esame, nel dettaglio, dieci nazioni: Russia, Lituania, Bulgaria, Slovacchia, Polonia, Ungheria, Romania, Croazia, Repubblica Ceca e Ucraina.
Un dato certamente interessante che emerge dallo studio è lo strapotere che, nell’area presa in esame, ancora esercita la Russia e che, a maggior ragione, potrà svolgere in proiezione da qui al 2020. In termini di capacità installata il Paese guidato da Putin e Medved detiene uno share superiore al 59 per cento. Sul secondo gradino del podio l’Ucraina - con una quota del 14 per cento - dove, però, sono attualmente in funzione alcune centrali un po’ datate.
Molto distaccata la Polonia, pur meritevole del terzo gradino del podio: solo un 8,4 per cento di share. Tutte le altre nazioni prese in esame sono al di sotto del 5 per cento. La Repubblica Ceca si attesta al 4,7, la Romania al 4,2. Per gli altri solo gli spiccioli di kWh.
Bulgaria e Romania sono comunque guardate con particolare attenzione, anche per la loro vicinanza all’Europa Occidentale. Il primo Paese non nasconde - infatti - le sue ambizioni di diventare la nazione leading electricity exporter nei confronti del Sud-Est europeo. Mentre in Romania sarebbero almeno 8 mila i MW termici che necessitano di un massiccio intervento di revamping.

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