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IL GIORNALIERO - Sono sempre più costose le importazioni europee di energia Stampa E-mail

16 giugno 2010 - L’Unione europea si conferma un Continente a corto di energia. Gli acquisti delle fonti sui mercati esteri rappresentano in effetti il buco di bilancia più consistente nei flussi di import-export con le nazioni extracomunitarie. Ed è bastato un timido accenno di ripresa per rendere ancora più pesante il passivo.
I dati sono di fonte Eurostat. Nel primo trimestre 2010 le importazioni catalogate alla voce energy hanno raggiunto gli 83,2 miliardi di euro - nella UE a 27 - con una crescita del 17 per cento rispetto al periodo gennaio-marzo del 2009. In termini assoluti la bolletta è cresciuta di 12,3 miliardi di euro. Nel frattempo l’Europa è stata anche capace di aumentare l’export. Ma, in confronto, si tratta di spiccioli: 16,6 miliardi di euro nei primi tre mesi del 2010 rispetto ai 12,4 del 2009 (più 34 per cento).
Il risultato di questo sbilanciamento è una bilancia commerciale in profondo rosso: meno 66,6 miliardi di euro nel 2010 rispetto ai 58,5 dell’anno scorso. Senza la voce energia l’Europa potrebbe vantare un avanzo commerciale di 30 miliardi di euro. Ma così sarebbe tutto troppo facile, anzi impossibile dal momento che costruiamo il nostro tesoretto grazie alla chimica e alla produzione di veicoli e macchinari. Realtà altamente energivore che sarebbe un po’ troppo ambizioso pensare di mantenere competitive ricorrendo solo a kWh da fonti rinnovabili interne...
Per altro, il secondo trimestre 2010 sembra destinato ad aggravare ulteriormente la situazione. Non tanto per il consolidarsi di una ripresa che - invece - tarda a manifestarsi. Ma perché le materie prime si comprano in dollari. E con l’euro al tappeto tutto diventa inevitabilmente più costoso.

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