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IL GIORNALIERO - Al tavolo verde dell’energia ormai rilanciare è diventato un obbligo Stampa E-mail

31 maggio 2010 - La febbre del tavolo verde sembra aver contagiato anche il settore energetico (soprattutto quello verde). Rilanciare, infatti, è diventato quasi un obbligo! E così, mentre l’Agenzia Internazionale per l’Energia assicura che rimboccandosi le maniche e adottando coraggiose politiche di promozione delle fonti non fossili, entro il 2030 le rinnovabili potrebbero garantire il 37 per cento della generazione elettrica mondiale, lo European Renewable Energy Council (EREC) cala sul tavolo il proprio personale sette bello: entro il 2050 l’Europa potrebbe essere un continente al cento per cento rinnovabile da un punto di vista energetico. Ovvero, potrebbe soddisfare tutti i propri bisogni in termini di elettricità, riscaldamento, raffrescamento, trasporti, senza dover ricorrere a un solo tep di fonti fossili o nucleare. Azzerando nel contempo - fattore non trascurabile - le emissioni di anidride carbonica.
Immancabile anche il riferimento alla questione occupazione. “Già nel 2020 il settore delle rinnovabili potrebbe impiegare 2,7 milioni di europei, cifra che potrebbe salire a 4,4 nel 2030 e addirittura a 6,1 nel 2050 se si raggiungesse il modello cento per cento rinnovabili”.
La cifra è a dir poco suggestiva ma impone qualche riflessione. Quanti milioni di posti di lavoro si andrebbero a perdere come contropartita? In questa ipotesi non si tratta semplicemente di bilanciare la situazione attuale. Bensì, di azzerare l’intera filiera dell’oil&gas, del carbone, del nucleare, dell’industria automotive tradizionale, della generazione da fonti fossili, della manutenzione e riparazione di impianti carbon... In questo caso, chiaramente, non varrebbe più la regola aurea ambientalista secondo la quale ogni old job potrebbe essere sostituito con 7 green job. Perché a saltare sarebbe un intero sistema industriale.
Ma c’è di più. Una ricerca recentemente pubblicata dall’istituto Bruno Leoni - curiosamente poco rilevata dai mass media - ha stabilito che “le fonti rinnovabili non sono uno strumento efficiente per la creazione di posti di lavoro; infatti, in media, ogni green job assorbe un quantità di risorse che, se investita in altri settori dell’economia, potrebbe generare in media 4,8 posti”.
L’ipotesi è inquietante! Se il sogno dell’EREC dovesse realizzarsi e - naturalmente - se i conti dell’Istituto Bruno Leoni fossero giusti, nel 2050 potremmo esserci giocati 24 milioni di posti di lavoro solo per l’eccesso di zelo nei confronti dello zero carbon.

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