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IL GIORNALIERO - Le miniere australiane non credono all’ipotesi di un nucleare in crisi Stampa E-mail

12 maggio 2010 - Nucleare sì, nucleare no... Dai ascolto alle associazioni ambientaliste, e l’atomo sembra già in liquidazione, per eccesso di costi e mancanza di clienti. Sposti il microfono dalla parte delle agenzie internazionali in campo energetico e ti senti sciorinare numeri e dati che vanno nella direzione opposta. Qualcuno lo vede con un vecchio e insostenibile retaggio di un passato ancora poco solare, altri prefigurano una seconda vigorosa giovinezza già per la III generazione.
Tra questi ultimi una voce autorevole, spesso – a torto – poco ascoltata, è quella dei produttori di uranio. Di chi fornisce la materia prima, insomma. Chi meglio di loro può dare un polso della situazione? Ebbene, sembra che le miniere abbiano ordini in portafoglio più che confortanti e, lungi dal rischiare la chiusura, stiano addirittura paventando gli straordinari per i prossimi anni.
La Energy Resources of Australia, grande produttore di uranio nella terra dei canguri, ha recentemente dichiarato che la domanda di uranio è destinata a rimanere robusta e crescente almeno per i prossimi dieci anni, grazie soprattutto all’entrata in funzione delle nuove centrali in Cina (che già nel 2020 sarà il secondo acquirente sul mercato mondiale di uranio, dopo gli Usa) e India.
La Energy Resources, che detiene circa il 10 per cento del mercato mondiale ha, dunque, annunciato di voler incrementare sensibilmente le estrazioni, entro i prossimi due anni. Gli investimenti sarebbero garantiti dai prezzi della materia prima che, anche in questi recenti periodi di crisi, hanno garantito eccellenti guadagni ai produttori.
Pur non avendo centrali nucleari attive sul suo territorio, l’Australia è oggi considerata come la nazione con le maggiori riserve di uranio su scala mondiale. E rappresenta, quindi, un osservatorio privilegiato (e credibile) delle dinamiche di settore.

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