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IL GIORNALIERO - Usa: meno esternalità con il petrolio a stelle e strisce! Stampa E-mail

11 marzo 2010 - È davvero la stessa cosa fare il pieno con benzina prodotta a partire da petrolio domestico anziché da materie prime di importazione? Probabilmente un motore risponderebbe di sì, senza alcuna esitazione. Un no altrettanto convinto è invece la risposta del Resources for the Future, gruppo indipendente di ricerca degli Stati Uniti.
I ricercatori sono giunti a questa conclusione, ponderando - oltre al prezzo di acquisto del barile - anche l’oil security premium. Si tratta di una valutazione economica legata alle esternalità causate dall’andamento degli approvvigionamenti a livello mondiale in seguito all’estrazione di ogni barile di petrolio. La tesi degli studiosi è che il greggio proveniente, poniamo, dall’Arabia Saudita “contenga” molti più fattori di instabilità rispetto a quello estratto in Alaska. Tra gli altri, ad esempio, la maggiore vulnerabilità politica delle forniture e i più elevati rischi di attentati alle infrastrutture di trasporto o di estrazione.
Di conseguenza, il ricorso a riserve in territorio americano ha minori impatti a livello globale rispetto ad un consumo di produzioni provenienti, per esempio, dai Paesi Opec.
C’è anche una stima numerica: l’oil security premium sarebbe attualmente pari a 2,28 dollari a barile per le produzioni americane e a 4,45 dollari per il petrolio di importazione. Nel 2030 i valori dovrebbero essere pari, rispettivamente, a 4,45 e 6,82 dollari. La forbice si mantiene quindi sostanzialmente invariata, a cavallo tra 2 dollari e 2 dollari e mezzo.
Lo studio di Resources for the Future precisa in più passaggi l’esigenza di ridurre (in assoluto) la dipendenza degli Stati Uniti dai consumi petroliferi. Ma se proprio lo si deve utilizzare... meglio che sia a stelle e strisce!

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