di Marta Sacchi
Nel settore nucleare il numero perfetto sembra essere il 4, almeno per gli antinuclearisti... I contras dell’atomo spingono, infatti, per una moratoria sulle tecnologie attuali, in attesa della quarta generazione, quella che finalmente potrà limitare il consumo di uranio - a parità di energia prodotta - di cento volte rispetto ad oggi, riducendo nella stessa misura le scorie radioattive. Come a dire: riparliamone tra una trentina di anni e nel frattempo… prendiamo tempo.
Parlare concretamente di nucleare vuol dire, invece, confrontarsi seriamente con la terza generazione e con le sue attuali potenzialità, senza guardare a un futuro così incerto e lontano.
“I primi prototipi sperimentali della IV generazione saranno disponibili, nella migliore delle ipotesi, tra oltre dieci anni - conferma Alessandro Clerici, presidente Fast e presidente onorario WEC Italia, il Consiglio Mondiale dell’Energia, e coordinatore della Task Force del WEC internazionale sul nucleare - e le realizzazioni commerciali di grossa taglia non prima del 2040. Se si vogliono costruire centrali nucleari nel presente e nel prossimo futuro, queste sono e possono essere solo di terza generazione, come quelle che sono in fabbricazione o stanno concretizzandosi in Paesi industrializzati (Stati Uniti, Regno Unito, Francia, Finlandia, Russia, Giappone) o in via di industrializzazione (Cina, Bulgaria, Corea, Slovenia, Polonia, Emirati Arabi). A proposito, gli Emirati Arabi hanno da poco finalizzato un notevole investimento nel nucleare e hanno passato ai Sud Coreani il più grosso singolo ordine nella storia del nucleare per 4 centrali (con reattori AP 1400 per totali 5.600 MW) che entreranno in servizio dal 2017 al 2020”.
Questo non vuol certo dire rinunciare alla ricerca; piuttosto distribuire gli sforzi in maniera adeguata tra il breve, il medio e il lungo periodo. “Occorre inquadrare la quarta generazione in un percorso parallelo di ricerca e sviluppo - prosegue Clerici - per non trovarci tra qualche decennio completamente dipendenti da soluzioni tecnologiche sviluppate da altri Paesi, come ora per la terza generazione. Nel frattempo può fare scuola l’esempio della Francia. I transalpini hanno in programma dal 2012 l’installazione graduale di oltre venti reattori EPR da circa 1.600 MW ciascuno (come quelli dell’accordo Enel-EdF) per sostituire le centrali obsolete che usciranno dal servizio; tali reattori saranno seguiti dopo il 2040 da impianti di quarta generazione”.
E l’Italia?
Il completo abbandono di ogni attività, dopo il referendum del 1987,rende indispensabile l’adozione di azioni e procedure più complesse e di durata ben più lunga rispetto a quanto necessario in Paesi che hanno in servizio da molti anni centrali nucleari, nell’ambito di leggi esistenti e collaudate.
In particolare, dovremo formare e rendere funzionante una competente e riconosciuta autorità/agenzia, definire e approvare leggi e relativi decreti di dettaglio (il diavolo sta nei dettagli...) che vanno dall’autorizzazione del sito della centrale alla qualifica del reattore, dall’autorizzazione alla costruzione e all’esercizio della centrale stessa, dal suo smantellamento a fine vita fino all’identificazione dei depositi di scorie radioattive, con chiare definizioni dei compiti delle diverse istituzioni coinvolte. Occorre ragionare con un orizzonte temporale di oltre 80 anni. [...]
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