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IL GIORNALIERO - Anche per le rinnovabili Usa è più facile creare kWh che posti di lavoro Stampa E-mail

9 febbraio 2010 - Durante la campagna elettorale Barack Obama aveva calato un cinque bello: la promessa di creare entro un decennio dalla sua elezioni 5 milioni di nuovi posti di lavoro green. Ovvero, direttamente legati al settore delle energie rinnovabili, dei trasporti sostenibili, della lotta ai cambiamenti climatici. Trarre un primo bilancio dopo soli dodici mesi è forse un po’ ingeneroso. Ma significativo.
Per ora, infatti, le attese sono state fortemente ridimensionate e il rendimento delle fonti rinnovabili (in termini di creazione di nuovi posti di lavoro) non appare più così esaltante. Si potrebbe dire, con una robusta dose di cattiveria, che - forse - anche in questo campo uno dei difetti delle renewables è proprio quello di essere intermittenti e non del tutto programmabili.
Le prime stime dell’Amministrazione Obama parlano - infatti - di 52 mila posti di lavoro creati o salvati dal pacchetto di stimolo al settore clean-energy. Le attenuanti sono numerose: la caduta della domanda elettrica nazionale, la concorrenza delle fonti fossili, particolarmente a buon mercato in questa fase dell’economia, l’incertezza sul futuro degli incentivi federali… Ma il gap rispetto all’orizzonte dei 5 milioni di lavoratori sembra davvero difficile da colmare.
Le stesse organizzazioni di settore paiono ormai convinte di dover ridimensionare le aspettative nei confronti dei green job. Uno studio diramato nei giorni scorsi da un gruppo di società impegnate nel settore delle rinnovabili ha stimato che entro il 2025 (dunque nel giro di quindi anni e non dieci) se l’America decidesse davvero di impegnarsi nella promozione delle rinnovabili, ponendosi l’obiettivo di un 25 per cento di generazione elettrica green (traguardo parecchio ambizioso), si potrebbero creare 274 mila nuovi posti di lavoro. Ne mancherebbero pur sempre all’appello 4,7 milioni…

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