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IL GIORNALIERO - Emissioni: negli Usa per colpa del PIL si rivede il segno più Stampa E-mail

15 gennaio 2010 - Questione di sigle... Sulla bilancia delle emissioni americane, l’acronimo GDP sembra ancora avere un’influenza maggiore rispetto alle lettere DOE.
Almeno nel breve periodo, infatti, l’andamento dell’economia riassunto nelle dinamiche del Gross Domestic Product (per intenderci, il PIL nostrano) fa variare la produzione a stelle e strisce di anidride carbonica più di quanto possano fare i pur apprezzabili sforzi del Dipartimento per l’energia. Le recenti politiche di promozione dell’efficienza energetica o di sviluppo delle rinnovabili, così come la diffusione di nuove tecnologie per un impiego delle fonti tradizionali sempre più pulito, rischiano infatti di essere (in buona parte) vanificate dalla tanto auspicata ripresa.
A dirlo sono i numeri dell’ultima previsione diramata dall’Energy Information Administration secondo cui nel corso del 2010 gli Stati Uniti dovranno fare i conti con un incremento delle emissioni pari all’1,5 per cento “dovuto proprio alla ripresa dell’economia e al connesso aumento della generazione elettrica da carbone”. La ripresa dei consumi di petrolio, legata soprattutto ad una crescente domanda del settore trasporti, porterà ad un ulteriore progresso dell’1,7 per cento nel corso del 2011.
Gli esperti rassicurano che, in ogni caso, malgrado questa piccola nuova accelerazione, alla fine del 2011 il quantitativo di CO2 generata negli States sarà comunque al di sotto dei valori raggiunti nel 1999. Merito soprattutto del crollo (meno 6,1 per cento) registrato nel corso del 2009 e quindi di un GDP in fortissima sofferenza. Aspettando che le policy messe in campo dal DOE comincino davvero a far sentire i loro effetti.

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