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PAUSA-ENERGIA
 
Abstract in italiano

La povertà energetica è di “casa” in Europa

Ad oggi il concetto di povertà energetica è stato affrontato solo marginalmente all’interno dei grandi dibattiti su ambiente, energia e cambiamenti climatici (vedi anche Punto e spunti sull’energia di Ugo Farinelli, numero 5-2009, Nuova Energia). In ogni caso, l’attenzione si è concentrata sui Paesi in via di sviluppo e sulle economie più povere del Pianeta.
In realtà - è questa la tesi portata avanti dagli autori del presente articolo - non c’è bisogno di percorrere parecchie migliaia di chilometri per confrontarsi con situazioni di
energy poverty: sebbene pressoché assente dall’agenda della Commissione europea, la questione sembra riguardare direttamente anche il Vecchio Continente.
In estrema sintesi può essere identificata come
povertà energetica (almeno secondo i canoni occidentali) l’impossibilità di mantenere all’interno di un’abitazione condizioni climatiche adeguate a garantire uno standard minimo di comfort e di salute (livello che può essere di tipo soggettivo). Oggi, soprattutto nei Paesi del Centro e dell’Est Europa un tempo gravitanti nell’orbita dell’Unione Sovietica, sarebbero milioni le unità abitative che rientrano in questa casistica.
La necessità di superare la vecchia struttura delle tariffe sociali - spesso nettamente inferiori ai costi reali di generazione e mantenute a livelli così bassi solo per ragioni di controllo dell’ordine pubblico - si è tradotta in un repentino aumento dei costi di acquisto dell’energia a carico del consumatore finale. In assenza di interventi sociali in grado di ammortizzare questa fase di transizione, per molti utenti l’unica strada percorribile è stata quella di tagliare i consumi.

In Germania sarebbero 8.000 ogni anno i morti per carenza
di riscaldamento,
a fronte dei 6.087 decessi per incidenti stradali
Per altro, anche la povertà energetica come altre forme di povertà, genera un circolo vizioso. Difficilmente le fasce più disagiate della popolazione hanno le risorse necessarie per effettuare interventi periodici di manutenzione o per adottare soluzioni di risparmio energetico. Quindi il fabbisogno energetico delle loro abitazioni, necessario a raggiungere un determinato livello di comfort, sarà comunque superiore rispetto a quello teorico. Il fabbisogno energetico, in altre parole, tende ad essere inversamente proporzionale al reddito (a parità di volumetria abitativa).
Un dato ancora più impressionante evidenziato nell’articolo riguarda la stima delle morti in alcuni Paesi europei per carenza di riscaldamento durante la stagione invernale, dunque direttamente collegate a problemi di
energy poverty. Sarebbero ben 4.400 i decessi in Romania (a fronte di 3.270 morti in incidenti stradali) e addirittura 8.000 in Germania (anche in questo caso, il valore è superiore rispetto a quello - 6.087 - dei morti sulle strade). Anche nel “caldo” Portogallo l’inadeguato accesso alla commodity energia sarebbe responsabile di 2.250 morti l’anno.
Le politiche governative - evidenziano gli autori dell’articolo - così come i dibattiti accademici sul tema energetico, hanno dato giusta enfasi agli aspetti della sicurezza e dei cambiamenti climatici. Ora è necessario che comincino a prendere in esame anche gli impatti sociali (e, in seconda istanza, ambientali e sanitari) dell’
energy equity. Ovvero, di un accesso alle risorse energetiche più equilibrato e diffuso rispetto alla situazione odierna.

L’articolo richiama anche l’attenzione sulla questione del
waste to energy. Una scelta tecnologica che sta dividendo l’Europa (si passa dall’area scandinava che avvia a termovalorizzazione oltre il 40 per cento di RSU raccolti – e così facendo praticamente azzera il conferimento in discarica – a nazioni che non hanno alcun impianto in funzione) e divide anche gli esperti. In questo ambito, infatti, si spazia dalle più estreme posizioni ambientaliste che bollano la valorizzazione dei rifiuti come nemica dell’ambiente, ad un appoggio incondizionato come classica quadratura del cerchio per i problemi di smaltimento dei rifiuti, riduzione dell’utilizzo di combustibili tradizionali nella generazione elettrica, aumento della sicurezza degli approvvigionamenti.
Così come la povertà energetica, anche la questione della termovalorizzazione è di primaria importanza da un punto di vista ambientale e sociale, e deve quindi essere compresa a fondo per poter orientare adeguatamente le politiche energetiche ai vari livelli di governo (locale, nazionale, comunitario). Coinvolgendo la partecipazione della pubblica opinione meglio e più di quanto sia stato fatto fino ad oggi.

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