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IL GIORNALIERO - Nei campi europei le rinnovabili sono ancora merce assai rara Stampa E-mail

18 novembre 2009 - Coltivatori diretti di kWh e allevatori di Tep. Sono in molti - tra gli addetti ai lavori - a leggere un futuro dell’agricoltura europea (ma non solo) destinato a viaggiare in questa direzione. Ovvero, contraddistinto dall’opportunità di affiancare all’attività prevalente “tradizionale” le nuove frontiere delle fonti rinnovabili.
La generazione di elettricità e calore attraverso l’uso delle biomasse, la produzione di biodiesel, il piccolo idroelettrico e l’eolico, il fotovoltaico, secondo questa linea di pensiero potrebbero già oggi diventare una fonte di reddito aggiuntivo sempre più importante. Per un numero sempre più consistente di imprese agricole. Vedremo…
Al momento - nonostante l’enfasi data alla notizia - il discorso sembra limitato ad un numero irrisorio di realtà. A livello europeo, secondo le ultime elaborazioni di Eurostat, solo 7 imprese su mille dichiarano di integrare il reddito da fonte agricola con attività connesse alla produzione di energie rinnovabili. Il valore è fortemente condizionato dalla realtà tedesca, l’unica dove si può dire che abbia davvero preso piede questa soluzione. In Germania, infatti, ben 65 imprese agricole su 1.000 sono anche renewable energy producer. Significativi, se pur ampiamente più ridotti, i dati della Danimarca (27 su mille) e dell’Olanda (24 su mille).
Nel resto d’Europa l’opportunità è per ora pressoché sconosciuta e, comunque, molto meno gettonata rispetto ad alternative quali l’agriturismo, la lavorazione tradizionale dei prodotti agricoli, la fornitura di lavorazioni in conto terzi (ad esempio, per la cura del verde o per la pulizia delle strade dalla neve in inverno).
In particolare, in Italia solo 2 imprese su mille risultano già convertite alle energie rinnovabili.

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