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Alemanno: "In Italia si coltiva l'ambiente" Stampa E-mail

Signor Ministro, quando si parla di tutela ambientale, anche alla luce dei sempre più frequenti episodi drammatici, si parla ormai di cambiamenti climatici. Dati recenti della Agenzia Europea dell'Ambiente hanno evidenziato come il nostro Paese sia, all'interno dell'Unione europea, quello che in maggior misura (circa 90 Mt) deve diminuire le emissioni di gas serra per rispettare i target di Kyoto. Occorrono misure ulteriori oltre a quelle già deliberate: che ruolo possono avere oggi - in positivo e in negativo - l'agricoltura italiana e le politiche di riforestazione?
Nella battaglia per la qualità che l'Italia porta avanti con grande convinzione, stiamo sempre più attenti a valorizzare il ruolo multifunzionale dell'agricoltura. Anche nella direzione della tutela ambientale e del territorio. Tra i primi obiettivi che ci siamo proposti, quello di individuare nuove opportunità di utilizzo per le aree rurali marginali e depresse, così da poter dare un contributo significativo a un progetto complessivo di miglioramento del clima. In questo senso, da un lato, il nostro Paese sta operando una grossa spinta in particolare verso un'agricoltura sostenibile e la promozione del biologico, dall'altro porta avanti un'intensa opera di riforestazione legata a quel le zone che non sono in grado di competere efficacemente in un mercato globalizzato, con i vantaggi noti in tema di riduzione dell'emissione di carbonio nell'atmosfera, nel modo più economico e utile. Per questo, da qui al 2010, con delibera del Cipe, si è previsto di investire circa 500 milioni di euro per la riforestazione e la riduzione delle emissioni.

La riforma della Pac (Politica agricola comune) sembra voler premiare sempre di più le produzioni di qualità. Sarà, in qualche modo, inserita nei parametri anche la tutela ambientale?
Con l'attuazione delle misure agroambientali previste dalla Pac, nell'ultimo decennio sono stati effettuati oltre centomila ettari di rimboschimenti, con un investimento di circa 900 milioni di euro. Oggi, con la riforma proposta dal Commissario Fischler, da un lato la tutela ambientale diventa condizione essenziale per l'accesso agli aiuti comuni tari e dall'altro aumentano le risorse destinate al secondo pilastro della Pac, quello dello sviluppo rurale, che prevede misure incentrate proprio sull'ambiente. Detto questo, però, non posso non sottolineare che la spinta sul versante della qualità può essere ancora rafforzata, soprattutto considerando che quello che verrà deciso dalla riforma della politica agricola comune influenzerà la nostra agricoltura fino al 2013. Siamo, in ogni caso, aperti al dialogo: continueremo a trattare con il commissario Fischler contiamo di riuscire a ottenere uno spazio maggiore per l'agricoltura di qualità e condizioni nettamente migliori per l'Italia, che oggi si presenta meno isolata, forte an che del buon rapporto che è riuscita a costruire con gli altri Paesi mediterranei. Il problema della qualità d'altra parte è centrale anche rispetto al rapporto tra Unione europea e Wto. Ritengo il documento preparato dal presidente del Comitato agricoltura del Wto Harbinson per l'appuntamento di Ginevra non solo poco equilibrato, ma soprattutto carente sia per quanto riguarda la tutela delle denominazioni d'origine che per la mancata considerazione delle tematiche non commerciali, quali, appunto, la tutela dell'ambiente, la qualità e la sicurezza degli alimenti. Sottolineare l'importanza di questi temi a livello comunitario significa opporsi alla logica dell'accerchiamento internazionale secondo cui l'agricoltura dei Paesi sviluppati ostacola l'ingresso nel mercato mondiale dei Paesi in via di sviluppo e riaffermare il diritto di tutti i popoli a uno sviluppo rurale.

Tra le diverse fonti rinnovabili il Ministero è particolarmente interessato alle biomasse che hanno strette relazioni con il mondo agricolo. Molti sono i piani e i programmi promossi dal Ministero (per esempio: Probio, Pnerb). Quali sono i risultati di queste iniziative in termini di accrescimento delle conoscenze? E quali effetti hanno avuto sullo sviluppo delle filiere?
Inizialmente, la politica era quella di creare grandi centrali per produrre energia dalle biomasse. Un processo che però determinava grossi problemi economici, legati soprattutto al costo dei trasporti. Questa esperienza ci ha fatto capire che l'unica strada percorribile dal nostro Paese è quella delle piccole centrali, di iniziative legate al territorio e alla realtà dei consorzi. Grazie ai programmi portati avanti dal Ministero abbiamo approfondito le conoscenze relative all'applicazione delle biomasse agricole come energia, studiando i metodi più efficaci per riutilizzare i residui agricoli e le possibilità per la filiera di produrre energia per i piccoli comprensori.

Nel 2004 entreranno nell'Unione europea dieci nuovi Paesi che potrebbero complicare ulteriormente le "sofferenze" degli agricoltori europei: in questo quadro Lei pensa che l'Italia possa ancora recitare un ruolo primario nello scenario europeo, o rischia di diventare solo un importatore e trasformatore di materia prima?
L'allargamento a est è un'opportunità da capitalizzare per l'agricoltura italiana perché apre la strada a nuovi mercati e nuove alleanze che possono aumentare il nostro peso specifico all'interno dell'Unione e nello scenario internazionale. Con l'allargamento cambiano gli equilibri con tutti i Paesi della fascia dell'Europa orientale, compresi quelli che non entreranno mai a far parte della Ue. Nella consapevolezza che l'Italia è la candidata ideale, per posizione geografica e capacità politica, a diventare l'interlocutore privilegiato degli Stati dell'Europa orientale e per non farci sfuggire questa opportunità, abbiamo già avviato una serie di contatti diplomatici e commerciali che hanno avuto il loro primo punto di sintesi nella conferenza dell'Iniziativa Centroeuropea che abbiamo convocato a Trieste lo scorso settembre. Risultato di questa nostra azione è un documento finale, sottoscritto all'unanimità dai quattordici Paesi presenti, con cui sono stati varati quattro progetti di cooperazione che ci vedono protagonisti.

I biocombustibili (biodiesel, etanolo) derivano la materia prima per la loro fabbricazione dal mondo agricolo, ma la loro diffusione e scarsa. D'altro canto essi potrebbero rappresentare uno degli strumenti per combattere l'inquinamento dei centri urbani. Che cosa pensa di fare il suo ministero per promuovere la diffusione dei combustibili puliti?
Siamo senz'altro favorevoli alla diffusione di combustibili puliti, che rappresentano un vantaggio non solo dal punto di vista ambientale, ma anche dal punto di vista agricolo. Il nostro obiettivo è rendere i biocombustibili maggiormente competitivi rispetto al petrolio. Per ottenere questo risultato la strada principale da percorrere resta senza dubbio quella dell'aumento della quota defiscalizzata. Un risultato a cui è tesa la nostra politica e rispetto al quale stiamo spingendo molto. La condizione che però poniamo rispetto a questa soluzione è che i prodotti che concorrono a formare i biocombustibili da defiscalizzare provengano dall'agricoltura italiana e non da quella dei Paesi terzi.

Il recupero e il riciclaggio di materiale plastico, di olii usati e delle batterie ha visto impegnata anche l'agricoltura italiana. Con quali risultati e prospettive?
I risultati sono incoraggianti. Attualmente infatti per tutti i residui della lavorazione è previsto il riciclo o il ritiro.

Le aziende agricole possono essere tra gli attori della generazione diffusa essendo i produttori delle risorse potenzialmente utilizzabili quali combustibili. Tuttavia gli agricoltori non sembrano disponibili a cogliere queste occasioni probabilmente a causa di una scarsa conoscenza del problema. Lei è dell'avviso che possa essere utile sviluppar e campagne di comunicazione mirate? E quali strumenti il suo ministero potrebbe mettere a disposizione per promuovere tali iniziative?
Il Ministero è già attivo su questo campo. Sta infatti promuovendo un'azione di diffusione delle informazioni, dalla autorità centrale a quelle territoriali, circa le opportunità offerte agli agricoltori attraverso l'utilizzo di questi combustibili. In particolare, con il Programma nazionale biocombustibili, abbiamo finanziato attività dimostrative e divulgative dirette alle amministrazioni locali e ai singoli imprenditori agricoli e industriali per lo sviluppo dei biocombustibili.

 
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