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IL GIORNALIERO - La Danimarca “sdogana” i rifiuti: risorse preziose come sole e vento Stampa E-mail

10 settembre 2009 - DA COPENHAGEN - “I rifiuti? Da noi in Danimarca sono considerati una fonte rinnovabile a tutti gli effetti, al pari dell’eolico o del solare”. Claus Madsen, managing director di Abb non sembra avere dubbi al riguardo: nel Paese delle wind farm anche il waste to energy è una delle strade prioritarie da percorrere per raggiungere il traguardo di uno sviluppo davvero sostenibile e di un’economia sempre più low carbon.
Gli inceneritori, dunque, che dagli ambientalisti nostrani sono visti come il fumo negli occhi (e la diossina nei polmoni) nel Paese riconosciuto come esempio virtuoso a livello mondiale per le sue lungimiranti politiche ambientali ed energetiche (vedi il Giornaliero di ieri) sono - al contrario - gestiti come una preziosa risorsa.
“La combustione dei rifiuti - precisa Ivar Green-Paulsen, managing director della principale società danese di gestione dei rifiuti, la Vestforbraending - contribuisce in maniera sensibile a garantire l’indipendenza della Danimarca dalle importazioni di petrolio e garantisce significati vantaggi ambientali, soprattutto in termini di riduzione delle emissioni di anidride carbonica”. È, insomma, una delle chiavi del successo del “modello danese”, non certo una soluzione da nascondere sotto il tappeto (per affinità…).
Proprio la società Vestforbraending gestisce il più importante impianto danese, alle porte di Copenhagen. Un termovalorizzatori che oggi è in grado di trattare oltre 560 mila tonnellate/anno di rifiuti (erano 465 mila nel 2004), produce oltre 245.000 MWh/all’anno di energia elettrica e assicura alla rete locale di teleriscaldamento un apporto pari a 1.290.000 MWh termici. Alla fine del processo di combustione, restano 177 chilogrammi di ceneri per ogni tonnellate bruciata (erano 204 nel 2004) che sono interamente riciclate e quindi sottratte alla discarica. Alla fine di una anno di lavoro, il calore e l’energia elettrica generati evitano l’acquisto di 130 mila tonnellate di petrolio.
Non che tecnologie del genere manchino anche in Italia, sia chiaro. La questione è culturale, non tecnologica. Nei giorni scorsi si è svolto a Copenhagen il Nordic Climate Solutions, appuntamento che ha coinvolto oltre 1.000 esperti del settore, policymaker, ricercatori, ceo delle principali aziende energetiche del Nord Europa, con l’obiettivo di fornire un supporto in termini di soluzioni praticabili alla COP15 di fine anno. E tra queste soluzioni la termovalorizzazione ha trovato uno spazio di rilievo.
Lungo lo stivale, parlare di un nuovo impianto senza prima mobilitare l’esercito sembra, invece, ancora oggi una mossa azzardata.

Ulteriori dati e approfondimenti saranno pubblicati sui prossimi Giornalieri
e sulla versione cartacea di Nuova Energia

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