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PAUSA-ENERGIA
 
E per il momento promuoviamo il metano Stampa E-mail
L' idrogeno ha bisogno del metano per decollare. Inutile illudersi di poter passare direttamente dal petrolio al vettore cui è affidato il futuro energetico (e ambientale) del nostro Pianeta, senza pagare lo scotto di qualche traume; meglio procedere un passo alla volta. E il prossimo passo potrebbe proprio essere quello della diffusione dei combustibili gassosi nel settore trasporti.


Professor Cerrai, appurato che l'idrogeno non è ancora una soluzine dietro l'angolo. Perché proprio il metano potrebbe svolgere il ruolo di acceleratore?
Partiamo da una premessa. Nella catena di produzione dell'idrogeno da reforming i combustibili fossili avranno comunque un ruolo primario, con il gas naturale in posizione priviliegiata. In quest'ottica il problema si sposta alla necessità di trasformare in maniera efficiente il gas in idrogeno, con una tecnica di "sequestration" abbinata che eviti le emissioni di anidride carbonica in atmosfera. La vera svolta consiste comunque nel cambiamento delle "regole" della mobilità, attraverso un passo concreto - e visibile - come quello della metanizzazine dei mezzi. Il primo punto di attacco dovrà riguardare la mobilità pubblica, per arrivare poi gradualmente ai privati. Già oggi si segnalano esperienze di rilievo, tuttavia si si tratta di soluzioni discontinue o di iniziative a livello locale, senza l'organcità di un vero piano. Di sicuro un freno ad una più sistematica diffusine è rappresentato attualmente dalla carenza di punti di rifornimento, soprattutto in ambito urbano. Questo ci porta al problema delle normative e alla necessità di superare gli attuai vincoli alla installazione degli impianti.

Dov’è la razio di queste limitazioni? Già oggi il metano entra in tutte le case attraverso le reti di distribuzione…
Il metano utilizzato per il rifornimento degli automezzi non viene attinto direttamente dalla rete, ma conservato in serbatoi ad alta pressione, anche al di sopra delle 200 atmosfere. Le problematiche in essere non sono assimilabili a quelle di una rete urbana nella quale il gas circola a pressioni irrisorie (siamo nell’ordine della frazione di atmosfera); anche a bocca di città nel metanodotto non si superano le 50-60 atmosfere. I timori legati alle conseguenze di una possibile esplosione sono quindi legittimi.

Quindi il primo problema da superare (guarda caso, come per l’idrogeno) è quello delle infrastrutture?
Sì, e proprio per la consonanza delle problematiche spianare la strada al metano vuol dire rendere meno arduo il cammino dell’idrogeno. Se una città ha già un sufficiente numero di stazioni di servizio, ed è percorsa già da una rete a metano, non è detto che sia poi necessario realizzare ex novo una seconda rete di rifornimento dell’idrogeno prodotto in appositi centri. Sarà molto più semplice e conveniente installare un reformer nelle stazioni già esistenti, garantendo una offerta flessibile e sicura. Esistono per altro molte similitudini tra le esigenze di stoccare a bordo il metano e l’idrogeno. Oggi il primo si porta compresso in bombole e anche per l’idrogeno questa sembra essere la soluzione, con un solo accorgimento: servono pressioni superiori perché a parità di volume e pressione il contenuto energetico dell’idrogeno è minore. Quindi bisogna imporsi obiettivi più ambiziosi (la ricerca di settore vorrebbe arrivare fino a 700 bar). Ancora una volta, una capillare diffusione dei mezzi a metano potrebbe accelerare questi studi. Altre tecnologie, non compatibili con il metano, sono comunque in fase di sperimentazione, come quella degli idruri, molecole solide in grado di legare e poi rilasciare l’idrogeno.

Questi gli auspici, e lo stato dell’arte?
Molte amministrazioni locali si stanno predisponendo alla metanizzazione, partendo dalle aziende di trasporto (che possono superare il problema delle infrastrutture posizionando nel loro deposito il punto di rifornimento). Rispetto allo scorso anno molte nuove iniziative sono state presentate; penso alla regione Lombardia o alla regione Toscana.

Tempi?
Non sono biblici. A Milano l’Amsa sta ultimando un distributore di metano per i suoi mezzi. Inoltre il Comune sta facendo una mappatura dei siti dove potenzialmente poter installare i centri di rifornimento. Quindi, in teoria, potrebbe essere questione di pochi anni e noi tutti dobbiamo spingere perché sia così. A quel punto anche le case automobilistiche saranno più incentivate ad investire in modelli a metano, ecologicamente più compatibili, preparandosi e preparandoci meglio al passaggio del testimone all’idrogeno. Se già esiste una cultura del “pieno di gas”, sarà infatti più facile promuovere una sperimentazione più ampia dei veicoli a idrogeno. Almeno nella fase transitoria non sarà troppo difficile passare da una motorizzazione tradizionale alimentata a metano a una a idrogeno.

Però alla combustione interna sembra crederci solo Bmw, mentre la maggior parte delle case vuole bruciare le tappe verso le celle a combustibile?
Prima di arrivare a una diffusione massiccia delle auto alimentate da celle a combustibile bisognerà aspettare il 2010. Nel frattempo, come detto, va gestito il transitorio con una soluzione che forse non sarà ottimale, ma certamente è migliore di quelle oggi in essere. Detto questo non è solo Bmw a pensare al motore a combustione interna, anche se pochi costruttori stanno seguendo questa strada. Da un punto di vista ambientale il ciclo “dal pozzo alla ruota” di questo sistema non è poi così eccellente. È vero che, almeno in fase di utilizzo del combustibile, l’anidride carbonica scompare, ma restano gli NOx. Inoltre una parte dell’inquinamento generato da una motorizzazione tradizionale è imputabile all’uso dei lubrificanti. Una componente di rifiuti carboniosi, dunque, viene ugualmente emessa. Nessuno dubita che il punto d’arrivo sia quello della cella a combustibile abbinata a motori elettrici; ma dobbiamo pensare al transitorio perché l’ambiente delle nostre città non può permettersi di aspettare fino a quel momento.

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