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IL GIORNALIERO - Gli acquisti di energia sbilanciano... la bilancia dei pagamenti europea Stampa E-mail

29 agosto 2009 - Sui piatti della bilancia commerciale europea è sempre l’energia a fare la differenza (in negativo). Una recente pubblicazione Eurostat conferma, infatti, che dall'inizio del 2000 alla fine del 2008 il valore delle importazioni dell'Unione europea è stato costantemente superiore rispetto quello delle esportazioni. Il rosso di bilancio è - dunque - ormai diventato un fatto strutturale; e questo, "essenzialmente a causa del crescente deficit del comparto energetico".
Il confronto dei dati di “import-export”, limitatamente ai prodotti energetici, parla da solo. Ancora nel 2000 a fronte di esportazioni pari a 29 miliardi di euro, la UE staccava un assegno da 161 miliardi di euro per gli acquisti di energia sui mercati stranieri. Il deficit era dunque già molto elevato e pari a 132 miliardi di euro. Niente a che vedere, comunque, con quanto successo lo scorso anno: 81 miliardi il valore dell’export e ben 444 miliardi quello dell’import. Uno sbilanciamento tra uscite ed entrate tale da portare a 363 miliardi il gap commerciale (rispetto al deficit di 272 miliardi di euro del 2007)!
Se si pensa che lo scorso anno il buco complessivo della bilancia commerciale della UE a 27 Paesi per il complesso delle merci e dei servizi ha raggiunto i 242 miliardi di euro, ci si rende subito conto del ruolo chiave che ha giocato - e gioca tuttora - proprio l’energia.
Ad aver beneficiato di questo stato delle cose sono stati soprattutto due Paesi: la Russia e la Norvegia, che in un solo anno - tra il 2007 e il 2008 - hanno visto aumentare rispettivamente del 25 e del 29 per cento le vendite fatturate in euro. E l’energia, non per caso, rappresenta ben i due terzi (in valore) delle importazioni europee dalla Russia e oltre il 60 per cento degli acquisti sul mercato norvegese.
Va segnalato che questi sbalzi sono legati quasi esclusivamente all’andamento delle quotazioni energetiche - in primis del petrolio - e solo in misura residuale alla variazione dei quantitativi importati.

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