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IL GIORNALIERO - Mini reattori nucleari protagonisti del ritorno dell’uomo sulla Luna Stampa E-mail

17 agosto 2009 - “Ma che cosa volete, la Luna?” sembrano dire i fautori dell'energia nucleare a quella parte - non marginale - dell'opinione pubblica che ancora considera questa fonte come non abbastanza sicura, e rimanda alla futuribile IV generazione il ritorno massiccio sulla Terra di questa tecnologia. E se anche fosse...
La notizia è di fonte Nasa ed è stata rilanciata nei giorni scorsi dal Mit di Boston: “Stiamo studiando generatori nucleari adatti per fornire l'energia elettrica a insediamenti umani sulla Luna e su Marte”. Il primo aprile è lontano e non si tratta, dunque, di una burla. “Per il 2020, anno nel quale la Nasa pianifica una ritorno dell'uomo sulla Luna - hanno dichiarato esperti della Nasa - saremo in grado di costruire sistemi safe, reliable, and efficient”.
In linea teorica, per altro, l'idea di utilizzare l'energia nucleare nello spazio risale alla fine degli anni Cinquanta, quando fu presa in considerazione l'opportunità di realizzare propulsori atomici per il progetto Orione. Proprio la Nasa, negli anni Sessanta, aveva poi iniziato a sviluppare una serie di reattori nucleari sperimentali di piccole dimensioni, all'interno del programma Systems Nuclear Auxiliary Power. Nessuno, però, per ragioni di sicurezza e in risposta a successivi trattati internazionali, era mai decollato.
Ora, la possibile svolta. “La soluzione nucleare è stata considerata - ammettono i ricercatori del Mit - poiché un eventuale insediamento umano su un altro pianeta richiede una fonte costante e affidabile di energia. Cosa che il solare non può garantire, a meno di ricorrere a complessi e voluminosi sistemi di stoccaggio, batterie o fuel cell. Inoltre la Luna è al buio per almeno 14 giorni al mese e ha profondi crateri che causano ampie zone d'ombra. Marte è molto più lontano dal Sole rispetto alla Terra o alla Luna e, quindi, l'energia ottenibile a parità di superficie impiegata è minore rispetto a quella che può essere ottenuta sul nostro Pianeta”.
Questi impianti, tra l'altro, non avrebbero nulla a che vedere con le attuali tecnologie, dal momento che il fabbisogno previsto per un primo piccolo avamposto umano sulla Luna o su Marte è stato stimato dalla Nasa in "alcune decine di kW". L’idea è quella di generare calore in un “mini apparato nucleare” e di utilizzare poi del metallo allo stato liquido per trasferire questo calore dal reattore ad un motore Stirling, deputato a produrre il kWh.

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