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IL GIORNALIERO - Allarme dalla Nasa: l’India rischia una crisi idrica senza precedenti Stampa E-mail

15 agosto 2009 - Nei prossimi anni l’India potrebbe andare incontro a una crisi idrica senza precedenti e potenzialmente distruttiva, a causa soprattutto degli eccessi dell’agricoltura locale. Lo afferma un articolo pubblicato nei giorni scorsi da Nature.
Non è certo la prima volta in cui si richiama l’attenzione sulla questione dell’oro blu e sull’insostenibilità degli attuali modelli di consumo, specialmente nei Paesi a più rapido tasso di crescita economica. Ma questa volta i numeri messi sul tavolo sono davvero impressionanti. L’allarme nasce dall’elaborazione di dati raccolti dal Goddard Space Flight Center della Nasa, a Greenbelt nel Maryland, e del German Aerospace Center (DLR) che hanno monitorato l’andamento delle risorse idriche negli stati indiani del Rajasthan, del Punjab e dell’Haryana, che include anche la città di New Delhi.
Tra l’agosto 2002 e l’ottobre 2008 si rileva una perdita pari a 109 chilometri cubi di acqua di superficie, l’equivalente di 109 miliardi di metri cubi. Si tratta di un valore doppio rispetto a quello del maggior bacino idrico dell’India - l’Upper Wainganga - e circa triplo rispetto alla capacità del Lake Mead in Nevada, la più importante riserva d’acqua degli Stati Uniti.
Il problema delle risorse idriche è noto da tempo in India, ma questo lavoro ha suggerito che il tasso di depauperamento potrebbe essere del 20 per cento superiore rispetto a quanto ammesso fino ad oggi dalle autorità indiane.
Un secondo studio, condotto dai ricercatori dell’Università del Colorado e del National Center for Atmospheric Research ha confermato queste valutazioni, giungendo alla conclusione che il solo sfruttamento intensivo delle aree irrigate nel Nord dell’India, nel Pakistan Orientale e in alcune regioni del Bangladesh - tutte zone dove l’agricoltura è responsabile del 95 per cento della domanda d’acqua potabile - comporta una perdita di groundwater pari a circa 54 chilometri cubi ogni anno.
Una volta tanto, per altro, non possono essere chiamati in causa - come colpevoli - i cambiamenti climatici. Risulta, infatti, che la piovosità media negli ultimi cinque anni è stata del tutto in linea con gli andamenti storici. Quindi, le recenti anomalie sono effettivamente imputabili solo alle modalità di consumo.

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