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IL GIORNALIERO - Carbone, in Europa forte contrazione per produzione e consumi Stampa E-mail

13 giugno 2009 - Per il carbone europeo il 2008 è stato un anno nero. Lo rivela una recente indagine di Eurostat – contenuta nella collana Environment & Energy - che fornito i dati sui consumi dello scorso anno, e il trend della domanda dal 1990 ad oggi. Dal 2007 al 2008 si rileva un calo pari al 6,7 per cento, da 371 a 345 milioni di tonnellate. Il dato è significativo poiché interrompe un decennio di “quasi stabilità” dei consumi.
In effetti, dal 1990 al 1999 i consumi europei di carbone hanno registrato una brusca frenata, con consistenti contrazioni anno dopo anno. Posto uguale a 100 il valore complessivo dei consumi lordi interni nel 1990, ora del 1999 si era già scivolati a quota 70. A quel punto, come detto, è iniziata una fase di sostanziale stallo, con lievi recuperi, mai però oltre quota 75, e altrettanto moderate inversioni di tendenza. Fino allo scorso anno, quando il taglio dei consumi è stato decisamente marcato e ha portato al di sotto della “soglia di resistenza” di quota 70.
Per quanto riguarda la produzione interna, significativi sono stati, tra gli altri, i crolli in Germania (da 24 a 19 milioni di tonnellate, meno 21 per cento) e il calo della Polonia (da 88 a 84, meno 4,4 per cento), mentre le miniere inglesi hanno visto crescere l’output da 17 a 18 milioni di tonnellate. In calo Norvegia e Francia, pur in un ruolo di nicchia.
Per quanto riguarda le aree di approvvigionamento, sui mercati extra Ue la Russia si conferma in pole position tra i nostri fornitori, con poco meno di 55 milioni di tonnellate/anno e uno share del 26 per cento. Alle sue spalle il Sud Africa, che con 37 milioni scarsi di tonnellate e una quota relativa del 17,5 per cento sopravanza nettamente gli Stati Uniti (sono a stelle e strisce 29 milioni di tonnellate/anno).
A scalare, poi, Colombia, Indonesia, Australia e un pool di Paesi di minore importanza che nel complesso arrivano a 23 milioni di tonnellate. Basta una semplice scorsa a questi nomi, però, per vedere come la struttura del mercato di approvvigionamento sia molto più diversificata e affidabile rispetto a quella del gas e del petrolio.

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