Lo sfruttamento del vento come risorsa rinnovabile sta incontrando a livello mondiale una crescita molto rapida, nell’ordine del 30 per cento all’anno. Finora le principali installazioni di wind farm sono state posizionate in prossimità della riva o sulla terraferma. Lo sviluppo di queste soluzioni è tuttavia limitato dalla mancanza di territorio vicino ai maggiori centri abitati e dall’impatto visivo causato da numerosi generatori eolici. La possibilità di generare energia elettrica da fonte eolica anche in mare aperto rappresenta una delle nuove frontiere per soddisfare la domanda mondiale, spesso concentrata nelle zone costiere o limitrofe. Vaste aree marine con venti forti e costanti sono disponibili per lo sviluppo di wind farm e per l’installazione di torri eoliche da 5 MW, con un impatto visivo nullo visto che installazioni di questo tipo diventano invisibili già a 30 chilometri di distanza dalle coste. Gli attuali generatori offshore, però, sono sostenuti da un monopalo immerso nel fondale marino o da altre strutture ancorate a profondità medio-basse (attorno ai 25 metri), dunque inevitabilmente posizionate a poche miglia dalla costa. Il principale impedimento ad un “allontanamento” delle strutture è costituito dai costi proibitivi delle fondamenta di questi sistemi e dal sempre più complesso processo di installazione dei generatori eolici mano a mano che le profondità dell’acqua vanno crescendo Questo articolo sintetizza i risultati di sette anni di ricerca condotta presso il MIT e in particolare illustra alcuni innovativi concetti di galleggiamento, ispirati ai recenti sviluppi nell’industria del gas e del petrolio nell’esplorazione in acque profonde di bacini di idrocarburi. L’articolo propone anche un’analisi specifica dei costi, in rapporto all’investimento alternativo nel settore oil. Il finanziamento di queste ricerche ha visto anche la partecipazione di una importante azienda italiana del settore; questi studi promettono quindi di essere applicati anche al contesto nazionale.

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