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Carini: "Così vedo lo scenario dei prossimi cinque anni" Stampa E-mail

a cura della redazione

Nel campo dell'energia, da tempo autorevoli istituti di ricerca si azzardano a fare previsioni per i prossimi trenta, addirittura cinquanta anni, e ci raccontano quanto e come consumerannio le generazioni future con precisione e dovizia di dati che sconcertano l'osservatore comune. Paradossalmente sembra più semplice guardare al futuro in termini di decenni, di quanto non sia – almeno in alcuni campi - spingere lo sguardo a un paio d’anni di distanza. Questo vale, certamente, per gli assetti organizzativi e societari degli operatori presenti sul mercato. Come sta evolvendo, per esempio, il sistema delle multiutility in Italia? Quali potranno essere gli scenari tra quattro o cinque anni? Dare una risposta sicura è molto difficile, anche per l’evoluzione in essere del quadro normativo. Pierpaolo Carini, amministratore delegato Egea, ha provato lo stesso a guardare nella sfera di cristallo. “Certamente sul mercato saranno presenti i due ex monopolisti, Enel e Eni, e altre realtà che si stanno strutturando per competere su uno scenario sempre più vasto, come nel caso di Hera. L’azienda locale dovrà essere più grande e più strutturata; ci saranno aggregazioni anche in vista di una competizione sul mercato borsistico. Che siano in atto cambiamenti anche turbinosi è sotto gli occhi di tutti. Certo non è facile dire dove porteranno”.

Ci potrebbe essere ancora spazio per l’ingresso di nuovi operatori italiani?
Probabilmente sì, purché non siano troppo piccoli. In questi anni la soglia critica in termini di utenza minima è molto salita e salirà ancora nei prossimi anni; diciamo attorno al milione di abitanti serviti. Comunque anche un’azienda di queste dimensioni dovrà essere molto abile nel coltivare alleanze; non potrà essere self standing.

Si va verso poche decine di operatori?
Nominalmente potrebbero essere di più, ma i gruppi strutturati, legati e coesi si conteranno a decine.

E quale lingua parleranno?
Oggi sul nostro mercato c’è una sostanziale predominanza di attori italiani. Che la presenza straniera sia destinata ad aumentare è pressoché inevitabile, anche in una positiva logica di integrazione europea. Non penso, però, che si possa arrivare a una situazione all’inglese. Noi abbiamo, soprattutto al centro - nord, una forte presenza di aziende locali, radicate sul territorio, che avranno certamente un ruolo anche in futuro. La situazione italiana è più simile a quella tedesca, dove una realtà come Rwe ha agito da collante per altri operatori più piccoli, i quali però hanno mantenuto una loro identità. L’auspicio politico più volte espresso, inoltre, è quello di dare il tempo e gli strumenti al tessuto produttivo italiano per predisporsi a una eventuale competizione forte da parte di aziende estere. Anche questo contribuisce ad anestetizzare un rischio di invasione dall’estero.

E lo scenario contrario, quello di una presenza delle multiutility italiane sui mercati stranieri? Solo fantascienza o qualcosa di concreto?
Per Enel o Eni non è fantascienza; al momento, però, vedo pochi sbocchi per gli altri.

Dove potrà spingersi il concetto di multiutility? Fino a qualche anno fa sembrava che le aziende locali potessero o dovessero fornire un po’ di tutto al cliente. Oggi quella tendenza sembra essersi un po' raffreddata...
Soprattutto chi, a un certo punto, ha deciso di fare di tutto senza un adeguato progetto industriale alle spalle, oggi è ritornato sulle sue posizioni. Significativo è stato, ad esempio, l’arretramento nella telefonia. Per molti si è concretizzato in un brusco risveglio, che ha dimostrato come la maggior parte delle proiezioni siano state quantomeno ottimistiche. Sulla scorta di questa esperienza sono propenso a credere che nei prossimi anni non sia più vincente un modello molto allargato di multiutility. Mettere assieme gas ed elettricità era per molti versi naturale; l’attenzione ad altri servizi di rete, come l’acqua, rientra in questa logica… Penso, però, che altri servizi vadano intesi solo come ancillari a questi tre e non come un ramo di business in proprio.

Su cosa si giocherà la competizione? È credibile pensare di poter migliorare i servizi o alla fine sarà sempre la leva dei prezzi a fare la differenza?
Penso che non sia verosimile attendersi sconvolgimenti sui prezzi; forse qualche riduzione e ritocco, ma nulla di traumatico. Credo, invece, che saranno ancora i fattori di fidelizzazione - in termini di servizi e soprattutto di assistenza – a fare la differenza.

E come sarà l’Egea tra cinque anni?
Il nostro obiettivo è quello di posizionarci nella fascia al di sopra del milione di clienti e di essere in grado di strutturare una rete opportuna di alleanze.


 
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