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Bollino: "Un futuro nel segno dell'energia pulita" Stampa E-mail

di Davide Canevari


Carlo Andrea Bollino, presidente GSESono stati anni particolarmente intensi, questi ultimi, per il Gestore dei servizi elettrici, che ha innegabilmente assunto un ruolo sempre più da protagonista nello scenario energetico nazionale. Carlo Andrea Bollino, presidente del Gse, traccia al riguardo un primo bilancio. “Effettivamente, dal novembre 2005 è stato rafforzato il ruolo del Gestore dei servizi elettrici nell’ambito delle fonti rinnovabili, ampliandone compiti e attività di qualificazione degli impianti, nella gestione dei meccanismi di incentivazione e nella promozione della produzione di energia verde. Negli anni il Gse ha ricevuto dal Ministero dello Sviluppo Economico e dall’Autorità per l’Energia Elettrica e il Gas sempre più numerosi incarichi nella gestione e nel meccanismo di incentivazione di tali fonti: tra questi, dal 1° gennaio 2009, è diventato interlocutore unico con gli operatori, per lo “scambio sul posto”.




Professore, a questo punto passiamo alle prospettive.
Per quanto riguarda le prospettive, prenderei ad esempio il caso

IL GSE HA UN RUOLO SEMPRE PIÙ
CENTRALE E DIREI STARTEGICO NELLA
GESTIONE DEI MECCANISMI DI
INCENTIVAZIONE PREVISTI PER LA
PRODUZIONE DI ENERGIA VERDE

dell’energia solare. Il ritmo di crescita degli impianti alimentati ad energia fotovoltaica già fa prevedere che al 2012 raggiungeremo i 1.600 MW di produzione da fonti rinnovabili (il target nel D.M. del 19 febbraio 2007 fissa la soglia dei 1.200 MW). Questa dinamica assegna al Gse un ruolo sempre più centrale e direi strategico nella gestione dei meccanismi di incentivazione previsti per la produzione di energia verde. E il discorso non riguarda solo la fonte solare. Penso anche alle altre possibilità, come l’eolico, come lo sfruttamento del gas dai rifiuti agricoli, il riutilizzo dei rifiuti urbani che rappresentano una fonte preziosa per la produzione di energia. Penso, anche, alle biomasse o allo sfruttamento della geotermia. Credo che sia ancora questo il vero ruolo da attribuire al Gse.


E nell’ottica di un possibile piano di ritorno al nucleare?
La struttura economica e tecnica del Gse potrebbe farsi carico di acquistare l’energia nucleare direttamente dai produttori e garantire la fornitura di energia elettrica a prezzi più bassi per le fasce sociali più deboli. In tal modo si potrebbe conseguire un duplice obiettivo: economico per i produttori (che hanno così certezze di fornitura nel lungo periodo e quindi più facile accesso al finanziamento bancario) e sociale per i consumatori (che ovviamente risparmierebbero sulla bolletta elettrica).


In un’intervista pubblicata su questo stesso numero di Nuova Energia il commissario europeo Piebalgs parla di efficienza energetica come di un obiettivo “primario”. Qual è la vostra posizione al riguardo?

IL FUTURO, IN TERMINI DI
CRESCITA ECONOMICA E SOCIALE, GIRA INTORNO ALL'INNOVAZIONE
E ALLA SPINTA CHE A QUESTA
POTRÀ DARE LA RICERCA


La riduzione dei gas climalteranti passa attraverso l’efficienza energetica da realizzare a tutti i livelli, partendo dagli interventi di rilievo sul settore energetico, e raggiungendo il fabbisogno quotidiano di ciascuno. L’efficienza energetica è inoltre un obiettivo primario della politica energetica del settore industriale, in quanto proprio l’industria risulta essere tra le principali voci di consumo finale sia in termini economici che strettamente energetici. L’efficienza può essere raggiunta attraverso interventi di energy saving, con lo scopo di recuperare parte dell’energia dispersa durante i processi attraverso fumi di scarico e vapore, e riutilizzata in altri processi termici o ceduta all’esterno per teleriscaldamento. Ma anche nel settore dei trasporti e nelle abitazioni di tutti noi ci sono ampie possibilità di realizzare interventi di efficienza energetica.


E per quanto riguarda la certificazione energetica dei nuovi edifici?
Reputo sia indispensabile. A Bolzano, ad esempio, dove a differenza del resto del Paese è in vigore, i risultati si vedono e gli stabili, quelli residenziali come quelli destinati ad uffici pubblici, permettono risparmi sulle spese di raffreddamento e riscaldamento (30 kWh/metro quadro anno contro 120 kWh/metro quadro anno) fino a un quarto di quanto occorre nelle altre città. Pensando poi alle popolazioni colpite dal terremoto in Abruzzo, propongo che tutti i progetti di new town previsti per la ricostruzione possano incorporare soluzioni di massima efficienza energetica, magari con uno speciale incentivo, da intendersi come simbolo di aiuto per quelle popolazioni così colpite.


Allo sviluppo delle rinnovabili ha già fatto cenno prima. Può aggiungere qualche numero?
Proprio qualche giorno fa, dal Gse abbiamo comunicato che l’Italia, con 338 MW di potenza fotovoltaica installata nel 2008, è terza nel mondo per capacità solare installata. Ma a questa spinta alle rinnovabili non sta contribuendo solo il fotovoltaico. Attraverso il meccanismo dei Certificati Verdi, introdotto dal decreto legislativo 79/99, il Gse ha “qualificato” – dal 2001 al 2008 – impianti per una potenza di 4.300 MW, di cui oltre il 50 per cento da impianti eolici e oltre 17 per cento da biomasse. Significativa anche la produzione soggetta ad incentivi con i Certificati Verdi, pari nel 2007 a circa 8 TWh, un dato che tiene conto, oltre alle nuove installazioni e alle riattivazioni di impianti, anche di altre categorie di intervento quali i potenziamenti e i rifacimenti parziali o totali.


Che ruolo ha – e potrebbe avere – la ricerca in campo energetico?
Ripeto spesso che puntare sulla ricerca è un passo indispensabile. Perché il futuro, in termini di crescita economica e sociale, gira intorno all’innovazione e alla spinta che a questa potrà dare la ricerca. Innovazione tecnologica che ben si concilia con il migliore sfruttamento delle fonti energetiche pulite, che saranno quelle da cui trarremo la percentuale maggiore di energia elettrica nei prossimi decenni, che procurerà forti cambiamenti nei modi di vita, di consumo e di produzione. Ricordo anche che non esiste migliore sostegno alla ricerca nel settore fotovoltaico della politica del Conto Energia, perché creando domanda di massa con gli incentivi, si stimola la produzione a ricercare soluzioni sempre più competitive e meno costose.


Ci dà un parere sulla politica energetica dell’Italia?
Se dovessi utilizzare solo poche parole per sintetizzare il mio pensiero al riguardo, ricorrerei a una battuta che, purtroppo, abbiamo dovuto ascoltare anche dopo i tragici eventi de L’Aquila: lo Stato c’è.

LO STATO HA DIMOSTRATO
DI VOLER DAVVERO FARE
POLITICA ENERGETICA,
AL DI LÀ DELLE POLEMICHE

Nella politica energetica in generale, nella riforma del sistema dei servizi pubblici, nella definizione delle nuove regole del mercato, nelle rinnovabili, nello stesso dibattito sul nucleare – e sicuramente sto dimenticando vari altri temi – lo Stato ha dimostrato di voler davvero fare politica energetica, al di là delle polemiche. Credo, per altro, che un elemento a ulteriore conferma di questa mia visione sia la riduzione del tasso di litigiosità delle Regioni sulla legislazione concorrente in tema di energia, sensibilmente calato in questi ultimi tempi.


Torniamo, a parlare... del possibile ritorno al nucleare dell’Italia.
Ritengo che il nuovo dibattito sulla produzione dell’energia nucleare in Italia sia molto importante. Ormai si sta costruendo nel Paese una nuova consapevolezza, che occorre diversificare le fonti, includendo tutte quelle disponibili. È dunque chiaro che il Governo vuole andare avanti sul tema con fermezza. C’è da dire però che la rinascita del nucleare nel nostro territorio è legata alla realizzazione di alcune condizioni, essenziali per incoraggiare investimenti in questa tecnologia. Tra queste, reputo necessario che i cittadini italiani si sentano garantiti dalla istituzione di un’Agenzia nazionale per la sicurezza e la salvaguardia nucleare, seguendo l’esempio della maggior parte dei Paesi produttori di energia da fonte nucleare.


Le reti di connessione e le infrastrutture. Spesso se ne parla come di un punto debole per il nostro Paese.
È indispensabile potenziare le linee perché il rapido sviluppo delle fonti rinnovabili, prima fra tutte l’eolico, rischia di creare una congestione delle reti elettriche. Le richieste di connessione da fonti verdi sono in costante aumento, per cui se la rete non verrà sviluppata in modo adeguato si rischieranno nuove congestioni e limitazioni di esercizio con ricadute sulla gestione del sistema, sulla qualità ed economicità del servizio elettrico.


Come “coabitano” gli incarichi di docente accademico e di presidente Gse?
Il professore universitario è, per natura, un ricercatore di nuove conoscenze, nuove tecnologie, nuovi teoremi e paradigmi. La visione strategica della vita che ha un professore universitario, unita alla passione per l’insegnamento, cioè la trasmissione di sapere ai giovani, mi permette di affrontare ogni giorno con occhi nuovi l’attività del Gse al servizio del Paese. È questo il contributo che penso di dare alla struttura del Gse, alle sue donne e uomini che lavorano con grande competenza, ogni giorno. In ogni azienda strutturata, le relazioni gerarchiche, le procedure quotidiane e la disciplina professionale sono la base del successo di tutta l’organizzazione. Ma la capacità di interpretare i segnali che vengono dall’esterno, la sensibilità di rappresentare una immagine e una filosofia di lavoro, l’umiltà di mettere in discussione i traguardi già conquistati segnano l’altezza di tutta l’organizzazione. Voglio dire che per emergere ed essere all’altezza dei propri compiti, il Gse deve guardare lontano: laddove inizia il futuro, che per noi vuol dire fonti rinnovabili, vuol dire missione di diffusione delle informazioni e di contributo alla politica energetica e ambientale del Paese. Così interpreto il ruolo di Presidente del Gse.


IL GSE DEVE GUARDARE LONTANO: LADDOVE INIZIA IL FUTURO, CHE PER NOI VUOL DIRE FONTI RINNOVABILI,
VUOL DIRE MISSIONE DI DIFFUSIONE
DELLE INFORMAZIONI E DI CONTRIBUTO ALLA POLITICA ENERGETICA
E AMBIENTALE DEL PAESE

A questo punto ci parli anche della sua esperienza come presidente Iaee?
Penso che non sarei mai diventato presidente Iaee senza il sostegno dell’Associazione italiana, l’Aiee, e – soprattutto – senza il sostegno del presidente Edgardo Curcio, al quale va sempre la mia riconoscenza. Pensi che Curcio volle candidarmi alla posizione di vice presidente per gli affari internazionali della Iaee nel 2003, in virtù della grande forza dell’Aiee, che è la seconda affiliata più numerosa al mondo, dopo quella Usa. Una non insolita diffidenza verso l’Italia, portò il Consiglio Iaee proprio quell’anno a modificare le regole di elezione a vice presidente: dalla precedente procedura di candidato unico, proposto dal Consiglio e ratificato dal voto dell’Assemblea dei Soci, si passò proprio quell’anno a un ballot, cioè al ballottaggio fra due concorrenti. Ebbene, grazie al sostegno numeroso dell’Aiee, vinsi alla grande. Successivamente, il favore conquistato presso tutto il Consiglio, nei quattro anni da vice presidente, mi ha permesso di essere eletto presidente per il 2008 (ma anche Past President per il 2009 e il 2010).


Dalle sue parole sembra che si sia trattato di un’esperienza entusiasmante.
Sì, con tutto il Consiglio Iaee abbiamo intensificato l’organizzazione di conferenze di altissima qualità, in tutti i continenti, dall’America Latina all’Asia, dall’Africa all’Australia, oltre che nelle tradizionali aree atlantico-europee. Abbiamo ulteriormente aumentato il numero di soci a livello mondiale, ormai oltre 3.500, con l’avvio di numerose nuove Associazioni nazionali, come ad esempio quelle in Brasile, Cile, Cina, Turchia, Grecia, Spagna, Lituania, Nigeria. Insomma, è stato un compito faticoso anche se gratificante, per la ricchezza di contatti umani e professionali e per la soddisfazione di contribuire allo sviluppo dello studio e della costruzione delle nuove politiche energetiche. All’inizio del 2009, come Consiglio della Iaee, abbiamo inviato una lettera al Presidente Obama per presentare la nostra Associazione, come modello di confronto e discussione a livello internazionale.


Risposte?
Ci fa piacere pensare che, magari, anche grazie al nostro piccolo input, la macchina organizzativa della Casa Bianca abbia strutturata la consapevolezza che occorra un dialogo allargato sulla politica energetica e ambientale nel mondo. O magari, anche a prescindere dall’Iaee, l’importante è che lo sviluppo delle rinnovabili e le questioni più importanti della nuova politica energetica siano al centro delle riunioni dei grandi del Pianeta: penso al G8 che si terrà in Italia il prossimo luglio. Di questo noi della Iaee siamo orgogliosi.

 
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