COOKIE
 
PAUSA-ENERGIA
 
Abstract in Italiano
..

..
POVERTÀ ENERGETICA, UNA SFIDA DA VINCERE

..
..


Un ben noto proverbio afferma: “Dai a un uomo un pesce e lo nutrirai per un giorno; insegna ad un uomo a pescare e lo nutrirai per la vita”. Purtroppo, nonostante i grandi sforzi profusi dalle numerose agenzie mondiali e dalle NGO, malgrado i miliardi di dollari spesi in aiuti per le comunità più bisognose, la povertà è divenuta sempre più radicata. La povertà, tuttavia, può essere sconfitta. Ma solo quando i poveri saranno finalmente visti come i creatori del proprio destino, e quando si comprenderà a fondo l’importanza di fornir loro gli strumenti giusti per affrontare i problemi che li circondano. La questione riguarda, in particolare, la povertà energetica che l’ONU definisce come la mancanza d’accesso ai sistemi energetici puliti ed efficienti. E questo poiché la qualità e la quantità di energia disponibile nei Paesi in via di sviluppo non sono solo fattori critici, ma addirittura essenziali per raggiungere gli obiettivi di lotta alla povertà che il mondo intero si è dato. L’importanza dell’energia è stata riconosciuta anche al World Summit for Sustainable Energy di Johannesburg nel 2002. E come ha dichiarato l’ONU, non è più sufficiente pensare all’uso dell’energia solo dal punto di vista economico. Nel luglio del 2008 si è parlato di crisi energetica solo perché il petrolio ha raggiunto i 147 dollari al barile. Dimenticandosi, però, che esiste una cronica crisi energetica che da decenni – se non addirittura da centinaia di anni – sta danneggiando intere comunità in Africa, America Latina e Asia. I numeri della crisi energetica mondiale sono sbalorditivi. Globalmente, 2,4 miliardi di persone utilizzano ancora biomasse tradizionali come risorsa primaria di energia. Altri 1,6 miliardi non hanno accesso alla rete elettrica. Queste cifre nude non danno per altro una reale misura dei costi sociali crescenti che la situazione comporta: la biomassa tradizionale, utilizzata come energia, non è solo inefficiente e costosa ma anche causa di morte. A livello mondiale, questa forma di inquinamento uccide circa 1,6 milioni di persone all’anno. Di queste, 800.000 sono bambini al di sotto dei cinque anni, e più di 500 mila le donne. Il problema è noto e, almeno nelle intenzioni, fronteggiato da tempo. In maniera però inefficace. In estrema sintesi, l’orientamento ortodosso al problema è stato fino ad oggi il seguente: “Gli aiuti e i prestiti devono essere erogati ai Governi con un approccio di tipo top-down; spetterà, cioè, ai Governi, responsabilmente, ridistribuire le risorse alla popolazione più bisognosa attraverso un intervento diretto o la realizzazione di infrastrutture in grado di alleviare la povertà e migliorare la qualità della vita”. L’esperienza sul campo ha però dimostrato che non di rado – per problemi legati alla corruzione interna, all’incapacità manageriale, agli impedimenti burocratici – questa strada si è dimostrata inefficace. Ha cominciato quindi a prendere piede il ruolo delle organizzazioni non governative, che hanno impostato il proprio lavoro secondo il principio opposto, quello bottom-up. Questo articolo presenta nel dettaglio le attività dell’organismo non-profit InterIntel, che ha iniziato ad operare lo scorso anno con la rivoluzionaria idea di un approccio globale al problema che tenga conto – assieme – dei fabbisogni energetici, delle sfide ambientali, della formazione ed educazione (insegnare a pescare, per l’appunto), della necessità di appianare le eccessive differenze sociali esistenti. La premessa di base è che i clienti debbano essere “autorizzati” a formare i propri destini economici e istruiti per poterlo fare nel migliore dei modi. Nel dettaglio è poi presentato il “caso studio” di Haiti. Qui ogni anno vengono abbattuti circa 30 milioni di alberi, essenzialmente per trasformare la materia prima legnosa in carbonella. E solo l’1 per cento del territorio haitiano è densamente occupato dalle foreste. Haiti sta quindi distruggendo la propria principale risorsa energetica. Per altro, solo il 30 per cento delle case sono collegate alla rete elettrica, mentre il rimanente 70 per cento dei residenti è ancora oggi costretto ad usare lampade a kerosene, candele, piccoli gruppi elettronici alimentati a gasolio. Un simile sistema energetico è – da ogni punto di vista – insostenibile; nello stesso tempo è l’evidente risultato dei fallimenti di ogni precedente intervento per migliorare la situazione. Proprio ad Haiti, InterIntel sta cominciando a tradurre in pratica i principi che hanno portato alla sua fondazione.

Torna all'articolo

..
.. .. ..
 
© 2005 – 2024 www.nuova-energia.com