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PAUSA-ENERGIA
 
Come migliorare l'efficienza energetica nel settore ricettivo Stampa E-mail

di Walter Grattieri e Gianluca Lapini - Cesi Ricerca


I consumi di energia nel settore terziario, rappresentano circa l’11 per cento dei consumi totali di energia primaria del nostro Paese (dato 2005). Di questi consumi circa un quarto sono da attribuire al settore ricettivo, cioè ad alberghi, ristoranti e bar, i quali utilizzano combustibili fossili ed energia elettrica principalmente per le loro esigenze di climatizzazione degli edifici, di produzione di acqua calda sanitaria e di alimentazione di apparecchiature domestiche professionali (apparecchi di cottura, di refrigerazione, di lavaggio, eccetera). Vista la rilevante quota di energia consumata, il settore ricettivo merita attenta considerazione nell’ambito degli sforzi in corso in Italia e in Europa per la riduzione dei consumi energetici, per il miglioramento dell’efficienza e per la conseguente riduzione delle emissioni di gas climalteranti.


GLI APPARECCHI DOMESTICI PROFESSIONALI
Gli apparecchi domestici professionali che vengono utilizzati nel settore turistico- alberghiero, nei bar e nelle catene di servizio (autogrill, fast food, eccetera) sono solitamente classificati secondo le tre principali funzioni da essi svolte:

la produzione di freddo (frigoriferi, vetrine, banconi, celle, fabbricatori di ghiaccio, eccetera);
la cottura elettrica e a gas (forni, cappe, fuochi, friggitrici, griglie, eccetera);
il lavaggio (lavastoviglie, lavabiancheria, asciugatrici, stiratrici, eccetera).

La Tabella 1 riporta per l’anno 2004, una stima dei consumi di energia primaria del settore italiano dell’ospitalità professionale, e della quantità di apparecchi in uso e venduti attualmente in questo campo. Come si osserva, gli apparecchi di cottura elettrici sono assai più numerosi di quelli a gas, ma evidentemente di potenza media unitaria assai più piccola, visto la sostanziale equivalenza delle energie consumate dalle due classi di apparecchi. Nel campo degli apparecchi di cottura le tecnologie più diffuse sono quella a fiamma libera a gas, le piastre elettriche in ghisa o ceramiche, e i sistemi elettrici a induzione. Gli apparecchi che hanno la migliore efficienza intrinseca, tra quelle disponibili sul mercato, sono quelli elettrici ad induzione, che si basano su di un campo magnetico ad alta frequenza che dissipa la sua energia, producendo calore, nelle pareti di particolari recipienti di cottura.

Con questo sistema si ottiene un guadagno di circa il 70 per cento in termini di energia trasmessa al mezzo di cottura, rispetto all’utilizzo di una classica fiamma libera a gas e di normali recipienti di cottura. Peraltro tenendo conto che l’efficienza energetica nella produzione dell’energia elettrica, anche utilizzando cicli assai efficienti come quelli combinati a gas attualmente prevalenti in Italia, non supera il 55 per cento, in termini di energia primaria consumata il confronto fra sistemi a fiamma libera a gas ed elettrici ad induzione è circa alla pari. Restano in ogni caso da considerare le caratteristiche di pulizia e assenza di inquinamento locale a vantaggio dei sistemi elettrici.

Per quanto riguarda gli apparecchi frigoriferi e di lavaggio accenniamo solamente al fatto che i frigoriferi usati nel settore ricettivo, per quanto assai meno numerosi di quelli del settore domestico, sono invece, come è abbastanza ovvio, di potenza media più elevata, e consumano circa il 43 per cento dell’energia assorbita da tutto il parco dei frigoriferi domestici.
In generale si può dire che per tutti gli apparecchi professionali è atteso nei prossimi anni un miglioramento delle efficienze energetiche che percentualmente potrebbe essere dello stesso ordine di grandezza di quello conseguito nel campo degli elettrodomestici non professionali, che negli ultimi dieci anni, nell’Unione Europea, hanno ottenuto un miglioramento del 35 per cento, consentendo un risparmio energetico-ambientale equivalente alla chiusura di 9 centrali termoelettriche da 500 MW ciascuna. Tale miglioramento potrà essere in particolare conseguito tramite l’adozione anche per gli apparecchi professionali dei sistemi di etichettatura energetica che hanno avuto un buon successo in campo domestico (particolarmente nel campo dei frigoriferi e delle lavatrici).


IL COMFORT E L'EFFICIENZA ENERGETICA NEGLI EDIFICI DEL SETTORE RICETTIVO
Il comfort ambientale negli edifici costituisce uno dei più importanti traguardi raggiunti dal modo di vivere moderno. Il mantenimento, durante tutto l’anno, di corretti livelli di temperatura, umidità, ricambi e filtrazione dell’aria, oltre che di rumore ed illuminazione, è particolarmente importante per gli edifici del settore ricettivo. Ma se edifici e impianti non sono ben progettati ciò può portare a consumi energetici elevati, a maggior ragione per le strutture che vogliono offrire elevati standard ricettivi, caratterizzati dalla presenza anche di piscine, saune, palestre, eccetera, che inevitabilmente aggiungono ulteriori consumi energetici a quelli per la climatizzazione. Peraltro, per tali strutture ad elevati standard ricettivi, può essere vantaggioso, a livello di immagine, offrire alla clientela soluzioni impiantistiche innovative, orientate alla soluzione delle problematiche energetiche ed ambientali.
L’evoluzione tecnologica negli ultimi anni ha reso disponibili sistemi e materiali che da un lato migliorano sensibilmente il livello di comfort negli ambienti e dall’altro riducono i consumi energetici. Si può in primo luogo agire sull‘involucro degli edifici migliorando l‘isolamento delle pareti e la qualità dei vetri e degli infissi, eliminando i ponti termici, e introducendo schermature solari o pareti e tetti ventilati. Inoltre si può migliorare l’ambiente al contorno usando il verde come schermatura solare e antivento, oltre a orientare opportunamente (in fase di progetto) l’edificio. In sostanza l’accurata progettazione e realizzazione dell’involucro edilizio costituirà in qualsiasi situazione ambientale e climatica il primo indispensabile e fondamentale passo per contenere i fabbisogni energetici dell’edificio stesso, a cui potrà far seguito la conseguente ottimizzazione degli impianti di climatizzazione.
Per quanto riguarda questi ultimi si tratterà non solo di utilizzare componenti ad alta efficienza energetica (caldaie a condensazione, sistemi solari, pompe di calore), ma anche di curarne il corretto dimensionamento (compreso quello del sistema di distribuzione del calore) e la regolazione, e di adottare accorgimenti quali il recupero di calore dall’aria di ricambio o fra ambienti ad esigenze climatiche opposte.
Più in generale è necessaria una corretta integrazione fra involucro e impianti, da realizzare non solo per gli edifici di nuova costruzione, ma anche nel caso di ristrutturazione di edifici esistenti. Citiamo per informazione, che alcune aziende specializzate hanno messo a punto a questo proposito delle soluzioni “prefabbricate, studiate specificamente per il settore ricettivo, quali il concetto delle low energy room, in particolare per la ristrutturazione degli edifici alberghieri.


LE CALDAIE A CONDENSAZIONE
La scelta dell’impianto di climatizzazione più adatto ad ottenere, nel singolo caso, la migliore efficienza energetica dipende in sostanza da vari fattori e non semplicemente dall’efficienza energetica delle apparecchiature.
Consideriamo per esempio un edificio che per le condizioni climatiche locali necessiti solamente del riscaldamento invernale e della produzione di acqua calda sanitaria. In questo caso l’adozione di una caldaia a condensazione potrebbe apparire come la soluzione più semplice ed ovvia per ottenere un sensibile miglioramento dell’efficienza, specie se si trattasse della ristrutturazione di un impianto già in precedenza dotato di caldaia.
Bisogna però tenere ben presente che le caldaie a condensazione sono in grado di fornire i loro interessantissimi rendimenti nominali (dell’ordine del 105 per cento su base stagionale) solamente nel caso in cui vengano fatte funzionare con basse temperature dell’acqua di ritorno dall’impianto, quindi non superiore a 40-42 °C; ciò è in genere scarsamente compatibile con l’utilizzo di elementi di distribuzione del calore quali i classici radiatori, che funzionano bene con temperature nettamente più elevate, e richiede invece l’adozione di sistemi di distribuzione a pannelli radianti oppure a fan-coils. In effetti da prove effettuate presso i laboratori sperimentali di Cesi Ricerca è risultato che con temperatura dell’acqua di ritorno superiore a 50-55 °C il rendimento della caldaia a condensazione può scendere fino a valori dell’ordine dell’85 per cento, molto simili a quello ottenibile con una caldaia convenzionale, di costo nettamente inferiore.


LE POMPE DI CALORE A COMPRESSIONE
Soprattutto per gli edifici che necessitano di un doppio impianto di climatizzazione estiva ed invernale, l’utilizzo delle pompe di calore si presenta come una soluzione impiantistica molto interessante, sia per l’efficienza energetica intrinseca, sia per la possibilità che queste macchine offrono di fornire entrambi i servizi di produzione di caldo e freddo.
La pompa di calore è una tecnologia che permette di estrarre calore da sorgenti termiche a bassa temperatura quali l’aria atmosferica, oppure il terreno e le acque sotterranee o superficiali (in questi ultimi casi si parla di pompe di calore geotermiche) elevandone il livello termico a valori utili per il riscaldamento invernale o per la produzione di acqua calda sanitaria. La stessa macchina, quando viene fatta funzionare in ciclo inverso è in grado di estrarre calore dagli ambienti interni, riversandolo nell’ambiente circostante, e di svolgere quindi la funzione di raffrescamento estivo.
Le pompe di calore che utilizzano i cicli cosiddetti “a compressione”, devono essere azionate con energia elettrica o con un’altra fonte di energia meccanica (ad esempio, un motore endotermico alimentato a gas naturale); utilizzano di conseguenza una quota di energia non rinnovabile, ma per le loro caratteristiche intrinseche, esse sono in grado di estrarre dall’ambiente una quantità di energia “rinnovabile” (che non è altro che calore di origine solare che si accumula nell’atmosfera, nell’acqua o nel suolo) molto maggiore di quella che consumano. L’indice denominato COP (coefficient of performance) che definisce l’efficienza di una pompa di calore, fornisce in maniera molto semplice l’idea di qual é l’energia consumata dalla macchina a fronte dell’energia termica fornita. Per esempio una pompa di calore che abbia un COP=3,5 (valore spesso superato dalle macchine moderne), fornisce 3,5 unità di energia termica per ogni unità di energia consumata.
Analogamente quando la pompa di calore lavora in raffrescamento si definisce un indice EER (energy efficiency ratio), come rapporto fra l’energia termica sottratta e l’energia spesa per azionare la macchina. Supponendo che la pompa di calore sia azionata con energia elettrica e che questa sia prodotta con una efficienza complessiva (produzione e trasmissione) pari al 47 per cento (valore attualmente assunto dalla AEEG per sistema elettrico italiano), si può facilmente calcolare che il calore fornito dalla pompa di calore verrebbe prodotto con un’efficienza equivalente, in termini di energia primaria, pari al 164 per cento, ben superiore a quella ottenibile anche con i migliori sistemi a combustione diretta. Nella realtà bisogna tener conto che il COP di una pompa di calore varia in funzione delle temperatura della sorgente dalla quale viene estratto il calore e anche in funzione della temperatura alla quale il calore viene fornito.
È quindi necessario valutare quali sono le prestazioni medie stagionali, invernali ed estive, della macchina senza fermarsi ai valori nominali del COP o del EER, che sono quelli indicati sulle etichette di certificazione energetica delle macchine (peraltro per il momento obbligatorie solo per le macchine di taglia fino a 12 kW) che sono ricavati in condizioni standard di prova delle macchine (Norme Eurovent).
Queste considerazioni sono particolarmente importanti quando si utilizzino pompe di calore ad aria, in quanto l’aria atmosferica subisce notevoli sbalzi di temperatura nel corso dell’anno, mentre possono essere meno rilevanti nel caso di utilizzo di pompe di calore che sfruttano il calore del terreno o dell’acqua di falda, che hanno valori quasi costanti nel corso dell’anno.
In generale si può osservare che le pompe di calore ad aria, che sono impiantisticamente le più semplici da installare, sono adatte per climi non troppo freddi (come quelli del Centro-Sud dell’Italia), mentre quelle ad acqua sono più adatte ai climi freddi (non a caso le pompe di calore geotermico hanno finora avuto il loro sviluppo prevalente nei Paesi del Nord Europa) in quanto il COP della macchina è tanto più alto quanto minore è la differenza fra temperatura della sorgente esterna di calore e temperatura interna degli ambienti da riscaldare.
Similmente a quanto si è accennato per le caldaie a condensazione è inoltre importante comprendere la necessità di adottare un opportuno sistema di distribuzione del calore; in effetti per ottenere le migliori prestazioni da una pompa di calore è necessario che il calore sia prodotto e distribuito a temperatura relativamente bassa (tipicamente non superiore a 40- 45 °C) e siano quindi adottati terminali ottimizzati per tali temperature.
Esistono in ogni caso anche pompe di calore, in genere di grossa potenza, ottimizzate per temperature di mandata di 80-90 °C, come quelle utilizzate in alcuni sistemi di teleriscaldamento che sfruttano come sorgente termica l’acqua di falda. Ritornando al problema della scelta della sorgente termica più conveniente per le pompe di calore osserviamo che nelle regioni che hanno un forte settore ricettivo concentrato lungo le coste, potrebbe essere interessante valutare l’utilizzo come sorgente termica dell’acqua di mare.
Accenniamo brevemente al fatto che per l’utilizzo dell’acqua di mare sono in corso di realizzazione soluzioni impiantistiche che potremmo definire “esotiche” non solo perché adatte in modo particolare agli ambienti tropicali. Alle Isole Hawai ed in alcune isole caraibiche, si usano direttamente come sorgente fredda per la climatizzazione estiva le acque aspirate da fondali marini profondi (700-800 metri) che hanno una temperatura di 5-7 °C. In tal caso non è neppure necessario utilizzare un ciclo frigorifero, ed i costi in termini di energia elettrica consumata possono essere quindi dell’ordine del 10- 15 per cento di quelli necessari per impianti convenzionali.
Vanno però ben calcolati i maggiori oneri impiantistici, manutentivi (possibili maggiori problemi di corrosione) e normativi legati a tale possibile scelta. Inoltre è da valutare con cura anche il consumo di energia necessario, in tal caso, per il pompaggio dell’acqua. Tale consumo può essere rilevante e può quindi far diminuire sensibilmente l’effettivo rendimento energetico dell’impianto. Si tratta comunque diun problema comune a tutti gli impianti a pompa di calore che utilizzano calore geotermico o dei corpi idrici superficiali.
Citiamo a titolo di esempio il caso di un grosso impianto a pompe di calore ad acqua di falda situato a Milano, che Cesi Ricerca ha monitorato per un’intera stagione, nel quale si è misurato che il consumo di energia delle pompe di emungimento e circolazione dell’acqua di falda è pari a ben il 26 per cento del consumo totale, con una conseguente notevole diminuzione dell’efficienza energetica complessiva.


LE POMPE DI CALORE AD ASSORBIMENTO
Esistono altri tipi di pompe di calore basate su un diverso ciclo termodinamico che non utilizza un compressore, ma il lavoro chimico prodotto dal passaggio in soluzione di sostanze quali il bromuro di litio o l’ammoniaca. Tale ciclo di assorbimento e desorbimento funziona mediante del calore ad alta temperatura prodotto bruciando gas naturale, oppure ricavato da cascami termici di altri processi o prodotto con pannelli solari.

La pompa di calore ad assorbimento può anch’essa funzionare in ciclo inverso ed essere quindi utilizzata per le esigenze estive di raffrescamento, ma fornisce le migliori prestazioni energetiche in riscaldamento, essendo per giunta in grado di mantenere un buon COP a temperature ambiente più basse di quelle ottimali per le macchine a compressione. In effetti il COP delle pompe di calore ad assorbimento può essere molto buono (rendimento complessivo dell’ordine del 170 per cento), ma l’EER è nel migliore dei casi, per le macchine cosiddette a doppio effetto, di poco superiore a 1.
In estate le pompe di calore ad assorbimento, utilizzando una fonte energetica poco sfruttata (le reti gas funzionano al minimo della loro capacità) possono in alcuni casi dare vantaggi in termini economici, specie quando le aziende di distribuzione offrano delle tariffe agevolate per incentivarne il consumo stagionale di gas. Inoltre il loro ridotto consumo di energia elettrica può presentare altri vantaggi evitando il sovraccarico estivo delle reti elettriche, ma deve essere chiaro che in termini di energia primaria consumata il loro utilizzo non è conveniente, a meno che non si utilizzino cascami termici di altri processi (ad esempio, cicli di cogenerazione termica-elettrica, in tal caso si parla in genere di tri-generazione) oppure l’energia solare. In quest’ultimo caso è possibile realizzare impianti cosiddetti di solar-cooling, che utilizzano l’energia solare per le esigenze di raffrescamento estivo. La relativa tecnologia è ormai ben sperimentata, anche se commercialmente non completamente stabilizzata; non è peraltro possibile utilizzare dei semplici pannelli solari piani (quelli usualmente utilizzati per la produzione di acqua calda sanitaria) in quanto il livello termico con essi ottenibile non è sufficiente ad attivare i cicli ad assorbimento, e quindi il costo e la complicazione impiantistica per l’utilizzo di altri tipi di pannelli solari sono piuttosto elevati.
Ricordiamo che il ciclo a bromuro di litio necessita di temperature dell’ordine di almeno 100-110 °C ottenibili solo con pannelli a tubi evacuati, mentre quello ad ammoniaca necessita di temperature di almeno 180 °C, ottenibili solo con pannelli a concentrazione.


CONCLUSIONI
Esiste una buona scelta di tecnologie efficienti e consolidate per la climatizzazione delle strutture ricettive (delle quali sono stati brevemente forniti alcuni esempi) ed è quindi opportuno non fissarsi su soluzioni predefinite, ma servirsi di progettisti realmente capaci e indipendenti, in grado di valutare obbiettivamente le varie soluzioni possibili e di ottimizzare l’intero “sistema” edificio-impianto.
Tecnologie emergenti in Italia, come quelle delle pompe di calore, di sicuro interesse dal punto di vista dell’efficienza energetica, vanno seriamente valutate, ma il calcolo del rapporto costo/benefici e del ritorno economico dell’investimento va fatto caso per caso, tenendo conto delle specifiche condizioni, comprese quelle climatiche.
Nella scelta fra le varie soluzioni possibili bisogna tenere bene in conto, oltre alla convenienza economica sul breve periodo, anche la “convenienza energetica” e quella “ambientale”, sul mediolungo periodo. Elementi che potranno, a loro volta, trasformarsi in convenienza economica, in quanto da un lato è improbabile che il costo dell’energia, nonostante la grande volatilità dell’anno appena trascorso, tenda nel futuro a scendere. Dall’altro, appare in crescita la consapevolezza del pubblico della necessità di tener conto delle problematiche energetico-ambientali anche nei periodi di vacanza e turismo.

 
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