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Capra:"In Italia le fusioni diventano ormai inevitabili" Stampa E-mail

di Davide Canevari

Liberizzazione, discorso complesso. Perchè in ballo ci sono gas ed energia elettrica; e ciascuno dei due segue una propria strada e una propria logica. E, poi, un conto è parlare della produzione (o dell'approvvigionamento), altra è affrontare il discorso della distribuzione. Altro aspetto ancora, infine, quello della vendita. Meglio fare un poco d'ordine, grazie all'esperienza di Renzo Capra, dal 1995 al vertice di Asm Brescia.

Presidente, partiamo dall'energia elettrica.
Come è noto, oggi la produzione di energia elettrica è estremamente costosa in Italia, essenzialmente poichè usiamo combustibili cari. Con cicli combinati la spesa, anche di un 30-40 per cento. Però il loro peso nel complesso del parco di generazione italiano è ancora ridotto. Così dobbiamo convivere con prezzi nell'ordine dei 50-60 euro per MWh, il doppio rispetto ad alcune situazioni virtuose di Germania e Scandinavia.

Il problema non riguarda anche la scarsità di produzione?
La Borsa elettrica sembra aver detto di no. Il sistema, tutto sommato ha funzionato, anche se qualche anomalia si è verificata in termini di elevate congestioni tra diverse zone del Paese. Basterà supplire con la realizzazione di qualche impianto nelle zone oggi carenti o, meglio, attraverso il potenziamento della rete. Anche per ciò che riguarda la distribuzione siamo a buonpunto. Grazie alle ultime delibere non c'è più la confusione di un tempo tra il trasporto e il "prodotto" elettrone che passa sulla rete...

Veniamo, dunque, alla vendita.
Negli ultimi tempi sono diminuiti fortemente i margini e sono aumentati i rischi. Questo è senz'altro segnale di una certa competizione. Non si può tuttavia affermare che nel mercato libero ci sia stata, tra i vari operatori, una concorrenza accanita.

Bilancio finale?
Il settore si è stabilizzato bene ed è ormai in una fase di maturità. Gli effetti sui prezzi per il cliente finale non si sono ancora visti, ma sarebbe sbagliato trarre conclusioni avventate. Alla pompa della benzina si sono avuti aumenti del prezzo del carburante quasi quotidiani. Lo stesso non è successo con l'energia elettrica. Questo è certamente un segnale positivo da sottolineare.

Veniamo al gas.
Penso che con la situazione attuale dovremo convivere almeno per un pò. L'equilibrio potrebbe essere turbato dalla realizzazione di nuovi terminal di rigassificazione. Ecco la vera svolta: la libertà dei mari, da sempre, è una garanzia di concorrenza. Non è un caso che Gran Bretagna e Olanda siano principi della concorrenza e siano anche potenze marinare. I costi per la costruzione dei terminal sono comunque molto elevati e i tempi non brevi.

E la distribuzione?
Il discorso è più complesso. Il decreto Letta è stato "turbato" dal Marzano al punto 69, e questo turbamento è ancora in atto. Siamo in una situazione di precarietà, di instabilità, di incertezza dei costi. Le poche gare fatte dai Comuni si sono svolte a condizioni inaccettabili...

Discorso diverso per la vendita?
Si, la concorrenza è letteralmente esplosa a primavera ed è ormai molto sostenuta. Per numerosi acquirenti il gas, in soli sei mesi, ha visto riduzioni di prezzo tra il 5 e il 15 per cento.

In definitiva, quanto manca ancora per raggiungere il traguardo della liberalizzazione?
Penso sia molto vicino. Se l'onorevole Dell'Elce, il primo gennaio, darà effettivamente l'avvio alla Borsa anche per quanto riguarda la partecipazione attiva della domanda, a quel punto saremo molto più vicini di quanto possa sembrare.

In futuro, vede una concentrazione di operatori o una polverizzazione?
Temo la concentrazione perchè l'Italia, e le imprese italiane come la mia, rischieranno di rimanere marginalizzate. Il mercato sta diventando europeo, ma questo significa che gli operatori stranieri hanno oggi la forza per venire nel nostro Paese mentre noi italiani facciamo fatica ad andare all'estero. D'altra parte, in tema di energia, in certi settori ad alta intensità di capitale e con lunghi tempi di ritorno degli investimenti c'è spazio per pochi. A questo punto la fusione è un fenomeno inevitabile.

Dunque, che ruolo potranno avere le multiutility come Asm?
Intanto noi continuiamo a crescere. Dal 1998 - quando siamo diventati Spa - ad oggi, abbiamo aumentato i ricavi di oltre quattro volte. Il piano industriale per il 2009 prevede un ulteriore raddoppio. Ci sono dunque nicchie nelle quali il piccolo non solo è bello ma è anche redditizio. Tuttavia anche per noi la strada delle aggregazioni è la più probabile.

C'è qualcosa di più definito?
Non fatemi fare nomi. Posso però dire che le occasioni sul territorio non mancano; e anche al di fuori. Se dovessi fare un appello a chi regge le fila della politica energetica chieferei di facilitare la crescita e il raggruppamento delle imprese di settore. Con la liberizzazione, a mio avviso, la dimensione ideale per una impresa è di 5-10 TWh/anno se produce da fonte idroelettrica. Nel caso del termoelettrico, molto, molto di più. Facendo le somme direi che in Italia tre grandi produttori stabili potrebbero essere il traguardo ideale. Dopotutto la Germania ne ha quattro, la Spagna tre...la strada sembra  essere quella.  

 
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